Dici Vieri e pensi a Bobo; per i tifosi più giovani (e anche per quelli di mezza età, a dire il vero) è inevitabile. Prima del bomber da 90 miliardi di lire, acquistato da Massimo Moratti nell’estate 1999, però, questo cognome aveva lasciato ricordi indelebili nella storia neroazzurra.
Lido i goal non li segnava, li evitava. Toscano di Piombino, fisicamente strutturato per il ruolo dell’estremo difensore, grazie alle lunghe braccia che gli fruttano il soprannome di “Pinza”, e di uno scatto felino grazie al quale è in grado di coprire l’intero specchio della porta, si afferma tra i pali del Torino, dove esordisce in Serie A e rimane per 11 stagioni, conquistando una Coppa Italia.
All’età di trent’anni, dopo avere partecipato in maglia Azzurra alla vittoriosa spedizione di Euro ’68 (seppure da riserva di Zoff e Albertosi), comincia la nuova avventura interista, imponendo fin dall’inizio la sua classe ed esperienza al duo Miniussi-Girardi che si erano alternati dopo l’abbandono di Giuliano Sarti, il portiere della “Grande Inter” degli Anni Sessanta.
“Pinza” non ci mette molto a dimostrarsi degno erede del suo illustre predecessore, infatti, già alla seconda stagione alla corte del Presidente Fraizzoli si laurea Campione d’Italia, contribuendo con 24 presenze alla conquista dell’undicesimo Scudetto.
Alla guida della squadra c’è Gianni Invernizzi, subentrato a Heriberto Herrera dopo le difficoltà incontrate nelle prime giornate di Campionato.
Il suo carattere fuori dal campo è oggetto di diverse interpretazioni. Agli esponenti della carta stampata che lo giudicano eccessivamente emotivo, il diretto interessato risponde quasi piccato di essere caso mai troppo menefreghista, rafforzando il concetto con una considerazione da vero “toscanaccio” secondo cui per emergere nel mondo del Calcio sarebbe indispensabile essere “figli di buona donna”. Chissà se mamma Vieri, laggiù a Piombino, è d’accordo…
Dietro di lui nel frattempo si sta facendo strada un giovane emergente destinato a diventare (in futuro) un pilastro della squadra e una vera e propria “bandiera” per ben 14 stagioni: il suo nome è Ivano Bordon, di cui Lido soffrirà la concorrenza.
Nell’annata 1971/1972, con il tricolore cucito sul petto, Vieri è protagonista della Semifinale di Coppa dei Campioni vinta ai rigori sul campo del Celtic, da molti considerata una sorta di rivincita della sfortunata Finale disputata a Lisbona cinque anni prima, che di fatto scrisse la parola “Fine” al mito della “Grande Inter” creata da Angelo Moratti e portata al successo da “Il Mago” Helenio Herrera. L’onore di difendere i pali neroazzurri nella Finale di Rotterdam, di fronte al “Profeta del goal” Johan Cruijff, spetta invece a Bordon che nulla potrà contro la doppietta dell’asso olandese. Sfuma così, ancora una volta proprio in vista del traguardo, la possibilità di riportare l’Inter sul trono d’Europa.
Forse proprio a causa del dualismo con una riserva sempre più “ingombrante” di anno in anno, Vieri viene spesso ingiustamente dimenticato quando si snocciolano i nomi dei grandi portieri presenti nella leggenda neroazzurra. Chi ha avuto la fortuna di vederlo in campo, però, ne riconosce all’unanimità le eccelse doti tecniche che lo collocano a pieno titolo nella galleria dei fuoriclasse che tradizionalmente hanno indossato la gloriosa maglia numero uno dell’Inter; da Giorgio Ghezzi a Lorenzo Buffon, da Giuliano Sarti a Walter Zenga, da Gianluca Pagliuca all’eroe del “Triplete” Julio Cesar, oltre naturalmente allo stesso Bordon.
(Le foto di Lido Vieri sono tratte dalla rivista ufficiale “INTER football club”; il primo piano all’interno del servizio è opera di ©Marco Ravezzani)
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