Quando l’Inter, nel 1965, vince la sua prima Coppa Intercontinentale la regola della “differenza reti” non esiste ancora. I nerazzurri perdono 1 a 0 in Argentina, contro l’Independiente e vincono 2 a 0 a San Siro. Si va così allo spareggio che si gioca a Madrid. L’Inter vincerà con un goal di Corso nei tempi supplementari. Verrà poi introdotta la suddetta regola, crediamo giustamente, pensiamo, infatti, a un eventuale scarto ampio (1 a 0 all’andata e 3 a 0 o di più al ritorno), “la bella” (come si dice popolarmente) ci parrebbe se non ingiusta, almeno inadeguata. Altro è il nostro pensiero se, invece, ci si riferisce alla regola che prevede: in caso di una vittoria a testa (oppure di due pareggi) e anche di parità di reti segnate dalle due squadre che quelle segnate fuori casa valgano doppio. Perché? Già c’è un non sense nel fatto che una rete raddoppi dopo che si conosce il risultato finale delle due partite, ma il problema sta proprio nel motivo per il quale è nata questa regola, cioè, evitare un gioco troppo difensivista. La verità è che, oggi, cioè da un bel po’ di anni, accade proprio il contrario. È proprio il fatto di aver fatto 1 a 1 in casa dell’avversario che induce, giocando sul proprio campo, a puntare a un risultato di 0 a 0. Ma proviamo, invece, ad analizzare una situazione opposta: due grandi squadre, due partite meravigliose, grandi talenti in campo, tra i quali vi sono anche due super portieri. Si assiste all’andata a una partita spettacolare e finisce 3 a 3. Così al ritorno, ma finisce 2 a 2. Una delle due squadre, quella che (solo per caso) ha giocato in casa all’andata, è fuori. Giusto? Per noi no, anche per rispetto dello sport e soprattutto dell’avversario.