Ieri abbiamo pubblicato l’articolo “Perišić… Che delusione!” di Nicola Amoretti, una delle nostre migliori firme. In linea di massima il Direttore è d’accordo con quanto vi avrete letto o (se non lo avete ancora fatto) vi potrete leggere. Per noi nerazzurri (addetti ai lavori, tifosi e appassionati di questo sport) Ivan, sommando i fatti, è stato una delusione.
Qui ad Hashtaginter.it funziona così: ognuno può scrivere (salvo eccessi) come la pensa. Al di là di ciò, però, ogni tanto è opportuno intervenire.
Vi sono situazioni che non si possono divulgare, anche se, in certi casi, sono un po’ come “il segreto di Pulcinella”. In questo caso no: tutti sono stati abbastanza riservati sulle faccende private di Perišić. Proprio in questo caso, anzi, ci sentiamo di difendere la signora Icardi, perché (sapendo la verità) fu assolutamente diplomatica nel rispondere alle domande di Pardo a Tiki Taka.
Semmai l’appunto andrebbe fatto proprio al giornalista di Mediaset.
Non si è mai capito, invece, perché in casa Inter certi personaggi (non solo di Mediaset, ma anche de La Gazzetta dello Sport) siano così coccolati.
Veniamo al punto. Sono proprio certi giornalisti che, dove vi sia puzza di marcio, ci sguazzano e creino il proprio consenso. Per questo motivo, quando il marcio non c’è cercano di crearlo (e nella maggior parte dei casi riescono).
I tifosi, la maggior parte, ci cascano.
Non sto a ripetervi che nulla di quanto avete letto su Icardi è vero, perché tanto mi insultereste senza ascoltarmi. Ma, solo per fare un esempio: quanti tifosi sanno che Wanda Nara prima di accettare l’offerta di Pierluigi Pardo ha chiesto il permesso alla società?
Provo con Perišić, ma, davvero, posso dire solo poco… Poco di più di quanto ha detto la signora Icardi in trasmissione.
Quando Ivan era appena nato io ero a Sarajevo, in un Paese che si chiamava Jugoslavia. Quando Ivan non era ancora andato a scuola in quei luoghi scoppiò una guerra tremenda; tutte le guerre lo sono, ma in quella terra si accanirono etnie contro etnie e religioni contro religioni. Siccome prima non era così, capitava di vedere fratelli che si sparassero tra loro, padri che sgozzavano la figlia perché aveva sposato (ma in tempo di pace e col consenso della famiglia) quello che oggi era un nemico. Magari oggi non fa più senso, ma si vedevano soldati scaricare un intero caricatore del mitra su un Crocifsso in un cimitero, se questo era posto sulla tomba di un nemico…
Nemmeno dieci anni dopo tornai in quei posti con le missioni umanitarie.
Quelle vere, non le barchette di oggi.
Quelle dove rischiavi la pelle per portare acqua, medicinali, cibo e palloni.
Erano tutti contenti, ognuno con la propria nazionalità; ma le loro vite erano completamente distrutte.
Gli occhi dei bambini avevano dentro milioni di lacrime che non avevano fatto in tempo a piangere. Erano tristi. Qualcuno giocava con i nostri palloni, ma molti giocavano ancora con i fucili.
Ivan è un uomo fortunato, cresciuto in una specie di Inferno, ma che nel Calcio ha trovato una via: “la via”.
Al di là di ciò, io, dopo più di vent’anni ogni tanto mi sveglio e vedo gli occhi di un bambino che dormiva dentro a una carriola piena di pannocchie…
Ogni tanto, forse, dovremmo pensarci bene prima di affermare che questi ragazzi “sono professionisti e con tutto quello che guadagnano”… Non è così. Non sempre è così. Ivan aveva proprio bisogno di risolvere suoi problemi personali…
Chiudo con le parole di Gesù: “Chi ha orecchie per intendere intenda”…
In bocca al lupo Ivan e, magari, anche se sei solo in prestito, non tenere la bocca cucita: quando sarai a Monaco racconta qualcosa che sai su Mauro, perché poi da Gesù ci si va davvero; e tu sei Croato…