È domenica. Sono le 12.30. Torno a casa dopo la solita mattinata sui campi a osservare i nuovi talenti del calcio italiano. Accendo la televisione per guardare il lunch-match di Serie A. Scorro i canali sportivi alla ricerca di Lazio-Spal ma non riesco a trovarla. Dalla cucina sento la cronaca della partita dalla radio di mia mamma. In quel momento realizzo che questa stagione l’incontro di pranzo è su DAZN e io non ho l’abbonamento. Peccato. Da qualche anno mi ero piacevolmente abituato a pranzare con il sottofondo della Serie A. Io, comunque, non mi do per vinto perché per me il weekend vuol dire calcio, a qualsiasi ora. Riprendo lo zapping sportivo. Trovo una partita. Leggo i nomi delle due squadre: Milan-Juventus. Non doveva essere domenica prossima, mi domando. Magari è una gara del Campionato Primavera. In effetti, guardando meglio le tribune, non è San Siro ma è il Franco Ossola. Non ci sono 75 mila spettatori e tre anelli ma è il velodromo comunale di Varese. Guardo con attenzione i 22 uomini in campo. Hanno le divise rossonere e bianconere con gli sponsor ufficiali. Però non sono dei giocatori ma delle giocatrici. Ebbene sì. È la Serie A femminile di calcio ed è in diretta su Sky Sport.
Con un po’ di scetticismo inizio a guardare la partita. La mia diffidenza è anche dovuta al mancato salto nel professionismo di questa estate che ha lasciato il movimento femminile ancora arenato al dilettantismo. Minuto dopo minuto, però, queste mie perplessità vengono meno. Sul terreno di gioco si vedono delle belle giocate, entrambe le squadre hanno un’idea di calcio e cercano di sviluppare un gioco ben studiato. Sblocca il risultato la brasiliana Thaisa, con il numero 22 in onore del connazionale Kakà, con un tiro magistrale da fuori area. Nel giro di pochi minuti il Milan chiude la partita con le reti delle due gemelle del gol Giacinti-Sabatino, che ricordano la miglior coppia Inzaghi-Shevchenko per affiatamento e finalizzazione. La squadra di Mister Morace conquista così la vetta della classifica. Il momento più bello del match è però dopo il fischio finale. Giocatrici che con grande sportività si salutano, si complimentano e si scambiano le maglie in mezzo al campo. Molte, infatti, sono anche ex compagne di squadra di una delle formazioni italiane di calcio femminile più forte della nostra storia, il Brescia Calcio Femminile. Anche sugli spalti, al termine, regna un grande clima di fair-play e rispetto, con tifosi milanisti e juventini mischiati nella tribuna centrale che applaudono le rispettive campionesse.
Devo ammettere che sono rimasto piacevolmente sorpreso dal “prodotto” calcio femminile. Sicuramente ci sono ancora passi importanti da fare ma il movimento sta iniziando a dare i suoi primi frutti. D’altronde la Nazionale che disputerà i prossimi Mondiali 2019 in Francia, dopo aver eliminato il più blasonato Portogallo, è quella femminile e non la maschile.
In primis sarebbe fondamentale aprire le porte del professionismo anche al calcio rosa. Innanzitutto per dare una prospettiva di lungo termine a tutte le ragazze che hanno il sogno di intraprendere la carriera da calciatrice. Attualmente il tetto salariale è quello previsto per i dilettanti che non va oltre i 28 mila euro lordi annui. Risulta, quindi, difficile per una giovane giocatrice concentrare la sua vita solo sul calcio. Anche perché, molto spesso, non vengono stipulati dei contratti pluriennali ma solo degli accordi annuali che non prevedono, per esempio, contributi pensionistici o di invalidità. L’aspetto economico è quindi una barriera d’entrata molto significativa. L’età media, per esempio, della nostra Nazionale è di 24 anni e molte ragazze sono ancora impegnate nel proprio percorso universitario quando si trovano di fronte a questo bivio: inseguire il sogno o percorrere nuove strade. In secondo luogo, si dovrebbe incentivare e facilitare la pratica del calcio femminile a tutte quelle bambine che per passione volessero avvicinarsi al gioco del pallone. Diventa, quindi, fondamentale sviluppare dei settori giovanili ad hoc in cui ci siano squadre composte interamente da femmine e in cui i metodi di allenamento siano gli stessi riservati ai maschi. In Italia si contano 23.903 atlete tesserate e il numero maggiore è rappresentato dalle ragazze di 11-12 anni, 2.664. È, quindi, essenziale riuscire a formare proprio in questa età le future giocatrici azzurre. Dall’inizio di questa stagione si sono intravisti i primi segnali per l’affermazione del calcio femminile in Italia. Ora è importante che si prosegua tutti uniti verso questo grande traguardo, per portare il livello del nostro calcio rosa ai massimi livelli mondiali.