Un Napoli limitato… Callejon come Pappagone

Together Inter Milano

Un Napoli limitato quello che ha battuto l’Inter ieri sera, per 2 a 1. Un Napoli tutto Higuaín, Reina e Callejon. Gonzalo Higuaín ha dimostrato che in Italia i veri “brasiliani” sono gli argentini: lui come Dybala nella Juventus e come tornerà a essere Mauro Icardi nell’Inter. José Manuel Reina ha fatto bene il suo dovere e (come sanno i nostri lettori) per noi i portieri che fanno certe parate, valgono come gli attaccanti che fanno goal. Poi, José María Callejón, meraviglioso, degno del migliore Totò in “Miseria e Nobiltà”, davvero fantastico: meglio del Pappagone di Peppino De Filippo e delle più nobili sceneggiate di quel genio che era Eduardo. Una simulazione che dovrebbe essere analizzata in prova televisiva, ma che, invece, nel circo di casa Mediaset finisce nella mediocrità dei commenti di Andrea De Marco. Ci chiediamo l’utilità di “parrucconi” così a commentare le partite. Certo che se la qualità degli osservatori è questa, allora, ha Roberto Mancini, nel sostenere che la moviola in campo non servirebbe proprio a nulla, anzi, visto che ci siamo, come direbbe il Principe De Curtis (in arte Totò): a un fico secco.

Chissà quale poteva essere il valore di De Marco in campo con il fischietto in bocca, se, comodo e ben pettinato “al gel”, con le scarpe lucide, vedendo e rivedendo le immagini del fallo di Nagatomo, si pronuncia così. Il Calcio non è il Basket, ha fatto notare Roberto Mancini, ma qui siamo a livelli davvero difficili da accettare: se gli avversari dell’Inter sono uomini da Grand Pirouette, Glissade e Pas de bourrée, almeno si presentino in campo in calzamaglia rosa e scarpette con le punte, così, che i difensori nerazzurri si possano galantemente regolare sugli interventi (con Roberto Mancini si può provare anche questo in allenamento). Comunque merita proprio molta simpatia l’arbitro (come si chiamava?) che si rivolge alla panchina del Napoli chiedendo di non agitarsi: “State calmi, io vedo tutto…”, poi, conduce un arbitraggio poco meno che disastroso. Non è un caso che ieri sera e questa mattina sui giornali, anche i giornalisti solitamente più critici con l’Inter concordino sul fatto che (citiamo Giulio Peroni): “Vince il Napoli, non perde l’Inter.”.

L’analisi è semplice: un tempo per uno, ma con sostanziali differenze. Questo Napoli non potrà mai vincere il Campionato di Serie A italiano e si scioglierà nella propria mediocrità (come accaduto nel secondo tempo di questa partita), non solo in Campionato. L’Inter di Roberto Mancini, invece, può essere da scudetto. Carattere, gioco e fisico, questo sono i ragazzi nerazzurri.

Il Napoli è stato accolto da un pubblico fantastico, che ha sostenuto la squadra per tutto l’incontro e fischiato i nerazzurri a ogni azione, un po’ per cercare di deconcentrarli col fragore di quel suono, un po’ per la tremarella che solitamente prende il pubblico quando si capisce che il pericolo del goal avversario c’è. Forse i tifosi nerazzurri (Curva Nord esclusa) dovrebbero imparare qualcosa. Così, infatti, al fischio finale si è dato sfogo a festeggiamenti che a Milano (San Siro) sono in uso solo per la vittoria di una Coppa.

Preziosa, invece, l’unità della società in questa occasione, a partire proprio da Roberto Mancini, cui ha fatto seguito Piero Ausilio con parole molto chiare e, infine, il Presidente Thohir. Sembrano tornati un po’ i vecchi tempi, quelli tra il 2005 e il 2006 quando vigeva una regola non scritta: all’Inter non si danno calci di rigore. Lo faceva notare il nostro Presidente, l’amorevole Giacinto Facchetti, Principe assoluto di educazione e compostezza di tutta la storia del Campionato di Calcio italiano. Più di un anno senza rigori, ma a nessuno, specialmente ai vertici del “sistema”, la cosa pareva strana. Ora, forse, deve esserci un altro sottile “suggerimento”: nelle gare importanti ammonire al più presto i giocatori nerazzurri ed espellerne almeno uno alla prima occasione. Attenzione, però, perché dopo quel gentile trattamento nei confronti dell’Inter, durato molti anni, arrivò proprio il 2006… Poi, il 2007 e, così, sino al 2011.

Pierluigi Arcidiacono
Pierluigi Arcidiacono
Il nostro Direttore, Pierluigi Arcidiacono, un giorno chiese al suo papà di portarlo ad assistere a Inter-Sampdoria, nel 1971, quando non aveva ancora dieci anni. Aveva saputo che Suarez non giocava più con la maglia nerazzurra, ma con quella blucerchiata. Questo, nella logica di un bambino, gli appariva come una cosa molto strana, quindi, desiderava vederlo in campo. Quel giorno giocavano gli uomini che avrebbero vinto l’11° scudetto della storia dell’Inter e quella squadra rimarrà sempre nel cuore del nostro Direttore. La partita finì 3 a 1 per i nerazzurri. Segnò prima Mazzola al 46°, poi, Boninsegna su rigore al 65°, ancora Boninsegna all’80° e, infine, proprio davanti agli occhi del nostro Pigi Arcidiacono, Suarez segno il goal della bandiera su rigore. Passarono un po’ di anni. Pigi scrisse molto (poesie, articoli, libri e testi teatrali) e tra i suoi scritti si trovano anche diversi testi sull’Inter. Si ricordano soprattutto: “Vade retro Satana - Storie di una vita neroazzurra” (Librificio-Proedi - 2004), “Marco Materazzi - Degno della maglia” (Il Flabello - 2006), la monografia “La Grande Inter Anni ’60” (Cigra 2003 - 2007) e “Armando Picchi - Un nome già scritto Lassù” (Il Melograno - 2011). Da non dimenticare anche: “Massimo Moratti - Mai visto un cuore così grande” (Il Flabello - 2006) e il primo libro pubblicato in Italia su Javier Zanetti, “Milano siamo noi - Il cuore del Capitano” (Il Flabello - 2009) . Nel 2013, Arcidiacono, inizia a pensare al sito #INTER (Hashtag Inter) dove si tenterà di parlare di Calcio e dell’Inter diversamente, ma sempre con cuore.
http://www.hashtaginter.it