Tratto dal primo libro sull’Inter di Pierluigi Arcidiacono: “La Tradizione”

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Abbiamo trovato (in verità non lo avevamo mai perso di vista…) il primo libro sull’Inter del nostro Direttore: “Vade retro Satana – Storie di una vita neroazzurra” (LIBRIFICIO – Proedi 2004). Chi lo ha letto sa che in queste pagine si va ben oltre l’amore per il Calcio e per i colori nerazzurri. Vi emergono valori importanti: famiglia, amicizia, onestà, valori cavallereschi… Oggi che il Presidente Massimo Moratti è uscito di scena (e in questo particolare momento storico dell’Italia), ci sembra giusto riproporre un capitolo tratto dal libro di Pierluigi Arcidiacono. Già nel 2004 Pigi Arcidiacono lo aveva previsto, Massimo Moratti avrebbe dato ai tifosi nerazzurri: “serenità, tranquillità e benessere”.

Vade_retro_Satana

La Tradizione

Io mi sento molto legato alle mie tradizioni. Quelle risorgimentali, italiane, sfociate nell’unità nazionale; quelle medioevali, europee, che hanno reso fantastico il nostro Paese e arricchito la nostra cultura; quelle antiche, romane, che hanno fondato e diffuso la civiltà moderna e soprattutto quelle cristiane, che proprio sulle vie di questa civiltà, si sono mosse e rafforzate.

Non mi vergogno a dirlo, ma mi sento molto legato anche alla mia tradizione neroazzurra. Io sento un forte legame con questa squadra che ho conosciuto attraverso i racconti di mio papà e i nomi dei suoi campioni. Questa squadra che, appena affacciatomi nel mondo, ho conosciuto annusando i fasti e le glorie della “Grande Inter”; i cui campioni, nella primissima adolescenza, mi hanno fatto vivere le prime emozioni del calcio.

Sono interista e vivo questa passione come qualcosa di importante, che fa parte della mia vita quotidiana, come molte altre cose più o meno serie. Ho apprezzato e stimato i due Presidenti precedenti, Ivanoe Fraizzoli ed Ernesto Pellegrini. Mi sono commosso nel vedere piangere il primo quando, nel 1984, lasciò la guida della squadra al suo successore – evidentemente per l’Inter non piango solo io. Questi Presidenti mi hanno regalato tre bellissimi scudetti. Gli unici vissuti consapevolmente, perché per gli altri, visto che sono nato nel 1961, ero troppo piccino.

Il Presidente Fraizzoli mi regala due scudetti e due Coppe Italia. Quando io frequento la quarta elementare, rispettando la “Regola del Tre”, proprio al suo terzo anno di Presidenza e il giorno del suo compleanno (2 maggio 1971), vince l’undicesimo scudetto. È quello del sorpasso sulla seconda squadra di Milano. Partiamo da meno sei punti e arriveremo a più quattro. Ci sono ancora i giocatori della “Grande Inter” di Angelo Moratti: Facchetti, Bedin, Burgnich, Jair, Mazzola e Corso. I campioni d’Europa, del Mondo e della Stella. Per Mariolino Corso sarà il campionato migliore della sua carriera. Ci sono nomi nuovi: Vieri, Bellugi, Giubertoni, Bertini e soprattutto il capocannoniere Roberto Boninsegna, detto “Bonimba”. Alla vittoria li guida Gianni Invernizzi.

Nel 1980 arriva lo scudetto di Eugenio Bersellini, che ha già vinto la Coppa Italia nel 1978. In testa dall’inizio del campionato sino alla fine. Lo slancio si prende sempre nella partita contro la seconda squadra di Milano, affondata sotto una pioggia battente da due goal di Evaristo Beccalossi. Ci sono: Bordon, Beppe Baresi, Oriali, Pasinato, Canuti, Bini, Caso, Marini, Altobelli, Beccalossi e Muraro. Si chiude a 41 punti, seconda la Juve (che fa davvero una grande rimonta) a 38 punti. Al terzo posto la seconda squadra di Milano a 36. Ma se piove sul bagnato – e come dico io “si prosciuga sull’asciutto” – si festeggia anche sul festeggiamento, e la seconda squadra di Milano, coinvolta nello scandalo del “Totonero” viene retrocessa a tavolino in SERIE B, dove successivamente perderà in casa con la Cavese 1 a 2. Questa squadra viene definita l’“Inter operaia”. È un’Inter tutta italiana, l’ultima gioia di mio papà. Io frequento la quarta Ragioneria.

Il Presidente Pellegrini mi regala uno scudetto, due Coppe Uefa e una Supercoppa di Lega. Lo scudetto è quello dell’89. Quello dei record. Per ora l’unico vinto anche da mio figlio, nato da appena un anno e mezzo, ma che già pronuncia “Berti”. È l’Inter tedesca, guidata dalla panchina da Giovanni Trappattoni e trascinata in campo da Lothar Matthaus. Capocannoniere di quell’anno Aldo Serena. Uomo Ragno in porta Walter Zenga. Muro difensivo edificato dallo Zio Beppe Bergomi e da Andreas Brehme, ma questa squadra non ha punti deboli con Matteoli, Ferri, Mandorlini, Bianchi, Berti, Diaz. Anche questa Inter dimostrerà la pazzia dei colori neroazzurri. In Coppa Uefa, dopo aver battuto il Bayern a Monaco 2-0, a San Siro prendiamo tre goal in sette minuti e siamo fuori dall’Europa. In campionato però, cadono tutte le rivali. La marcia trionfale, nemmeno a dirlo, viene avviata nella gara di andata contro la seconda squadra di Milano. 1-0, goal di Serena (capocannoniere con 22 reti). Una marcia irresistibile. Si vince a 58 punti, record per i campionati a diciotto squadre e con la vittoria che valeva ancora soltanto due punti. Solo due sconfitte di cui una a campionato già vinto. Ventisei vittorie e sei pareggi, 67 goal fatti e solo 19 subiti.

Non posso non essere molto legato a questi due Presidenti che mi hanno accompagnato dalle scuole elementari alla scomparsa di mio padre, che nel mio immaginario hanno preso un piccolo scudiero e lo hanno fatto diventare uomo, anche attraverso le esperienze dell’Inter, sugli spalti o nelle trasferte importanti come quella di Madrid. Però, il giorno che ho saputo che l’Inter sarebbe stata rilevata da Massimo Moratti, qualcosa in me è cambiato.

È come se avessi ricevuto una lettera in carta pregiata, come quelle antiche, senza busta, ripiegata quattro volte su se stessa, prima ai lati e poi al centro e chiusa dalla ceralacca sulla quale c’è il sigillo del mio Principe. Mi torna in mente il passato glorioso, quello raccontato da mio padre, quello percepito da bambino, quello vissuto negli anni in cui stavo diventando uomo. Sento forte le mie tradizioni. Sento forte il senso di appartenenza ai miei colori e subito, come se cercassi il mio scudo e la mia spada, vado nell’armadio dove ci sono le vecchie bandiere. Una è piccola, in un tessuto strano quasi plastificato, con la prima Coppa dei Campioni e otto Scudetti. Una è in cotone, di qualche anno dopo: dieci scudetti, due Coppe dei Campioni, due Coppe Intercontinentali. Questa, invece, me la sono comprata con i miei soldi: ha il biscione stilizzato che il Presidente Fraizzoli definì “vermisol”. Dallo stesso armadio tiro fuori anche i vecchi dischi a 45 giri e ascolto i vecchi inni. Alzo sempre di più il volume, caricandomi sempre più a ogni nota… Ora, di neroazzurro il cielo si colora, Inter, Inter più forte che mai, persino il cielo è neroazzurro ormai!, S’innalza nel cielo una bandiera. È la nostra bandiera neroazzurra…, Largo che arriva l’Inter, comincia lo spettacolo…, Inter campione, per tutti una lezione!, Inter, Inter sei Campione! Inter, Inter tricolore! Il nostro Principe ci chiama a corte e per il patto che ci onora dobbiamo rispondere. Massimo Moratti, l’erede dinastico della prima squadra di Milano, di quella dinastia in cui sento il mio onore di essere interista. Ed è così tutte le volte che entro a San Siro e mi sento pulito, onesto, sincero e leale. Proprio come immagino un Cavaliere di Re Artù che dopo aver fatto il suo dovere torna a Camelot e trova tutta la sua gente. Non solo i suoi sodali, ma proprio tutti, anche quel trombettiere che negli anni Settanta suonava la carica da dietro alla porta, nei Distinti nord e che oggi è ancora lì, con il pettorale dell’organizzazione, a cercare di sistemare un po’ le cose. La nostra fedeltà ci impone con orgoglio di non mollare mai. Vincitori o sconfitti, sempre con onore e onestà, tenendo alte le nostre bandiere gloriose, che attendono solo di vincere ancora quelle battaglie che alla nostra gente daranno serenità, tranquillità e benessere.

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Pierluigi Arcidiacono
Pierluigi Arcidiacono
Il nostro Direttore, Pierluigi Arcidiacono, un giorno chiese al suo papà di portarlo ad assistere a Inter-Sampdoria, nel 1971, quando non aveva ancora dieci anni. Aveva saputo che Suarez non giocava più con la maglia nerazzurra, ma con quella blucerchiata. Questo, nella logica di un bambino, gli appariva come una cosa molto strana, quindi, desiderava vederlo in campo. Quel giorno giocavano gli uomini che avrebbero vinto l’11° scudetto della storia dell’Inter e quella squadra rimarrà sempre nel cuore del nostro Direttore. La partita finì 3 a 1 per i nerazzurri. Segnò prima Mazzola al 46°, poi, Boninsegna su rigore al 65°, ancora Boninsegna all’80° e, infine, proprio davanti agli occhi del nostro Pigi Arcidiacono, Suarez segno il goal della bandiera su rigore. Passarono un po’ di anni. Pigi scrisse molto (poesie, articoli, libri e testi teatrali) e tra i suoi scritti si trovano anche diversi testi sull’Inter. Si ricordano soprattutto: “Vade retro Satana - Storie di una vita neroazzurra” (Librificio-Proedi - 2004), “Marco Materazzi - Degno della maglia” (Il Flabello - 2006), la monografia “La Grande Inter Anni ’60” (Cigra 2003 - 2007) e “Armando Picchi - Un nome già scritto Lassù” (Il Melograno - 2011). Da non dimenticare anche: “Massimo Moratti - Mai visto un cuore così grande” (Il Flabello - 2006) e il primo libro pubblicato in Italia su Javier Zanetti, “Milano siamo noi - Il cuore del Capitano” (Il Flabello - 2009) . Nel 2013, Arcidiacono, inizia a pensare al sito #INTER (Hashtag Inter) dove si tenterà di parlare di Calcio e dell’Inter diversamente, ma sempre con cuore.
http://www.hashtaginter.it