Mio figlio è forte, e voi? Sfogo di un padre – Di Calcio un pochino me ne intendo. Tifo e frequento San Siro dal 1971 (avevo 10 anni, ne ho quasi 56). Ho giocato sino a pochi anni fa (perché non ho mai bevuto, né fumato una sola sigaretta, non come i coglioni che fumano negli spogliatoi). Certo, dal campo a 11 sono passato a quello a 7, ma, ripeto, ho giocato sino a pochi anni fa e anche contro baldi giovani, non solo con vecchi rimbambiti come me. Mi ha fermato solo la malattia. Sono sempre stato un po’ un “ciabattone” (d’altronde ho il 43 di piede, per un’altezza di 1,65), ma non sono mai stato uno “scarpone” e, seppur nell’agonismo di chi ami questo sport e creda fermamente nel motto “NON MOLLARE MAI!”, non ho mai fatto male a nessuno. Ho scritto e pubblicato 7 Opere sull’Inter e una sulla Nazionale Italiana di Calcio (un libro per bambini). Una di queste è: “Marco Materazzi – Degno della maglia”, un uomo che chiamavano “macellaio” e che io ho “difeso”, anche se non ne aveva bisogno. Ho scritto anche per altri, ma non posso dire per chi… Hanno firmato loro. Ho allenato. Ho allenato anche la “Malusà”, ragazzi simpatici, ma zucconi che non mi hanno mai seguito. Una volta a fine torneo ho cercato di picchiare un arbitro, ma mi hanno fermato in dieci (fossero stati meno, forse ce la facevo). Così mi hanno squalificato e quelli della “Malusà” non mi hanno più voluto. Avevano fatto un fallo su un mio giocatore, proprio davanti alla mia panchina. Si era sentito un suono secco, sullo stinco. L’intervento era da dietro. Perdevamo nettamente (svariati goal), mancavano pochi minuti alla fine, sia di quella partita, sia del Girone (che non avremmo superato), dunque, non avevo motivo di Fare sceneggiatine napoletane. Soprattutto non aveva senso un fallo così. Chiamai il fallo e l’arbitro (che era dall’altra parte del campo) mi mandò a fanculo. Già alla prima giornata, al termine della partita, lo avevo avvicinato e gli avevo detto: “Sono tornei amatoriali, così si fanno male… E poi, se non vuole dare il fallo, in ogni caso, non mi può mandare a fanculo! Tra l’altro, siamo in un oratorio…”. Lui mi rispose di fare l’allenatore che lui avrebbe fatto l’arbitro.
Ora, so già che la moltitudine di voi penserà che, comunque, non si entra in campo per picchiare un arbitro. Io non la penso così. Dipende dalle circostanze.
Circa un mese fa la Malusà è scesa in campo. Uno dei più forti giocatori della “Malusa” è mio figlio, Riccardo Renato Alfredo Arcidiacono. Non so ancora se è, oppure, era… Riccardo, Ricki, come amava chiamarlo sua nonna Vittoria (mia madre), da piccolo è stato chiesto dal Parma, poi, dall’Inter… Vecchia storia… Ricky gioca (o giocava?) nella “Malusa”, perché è papà, e non potrebbe allenarsi tutti i giorni con una squadra di categoria. Il difetto tecnico di Ricky è che quando ama un Campione (lo ha fatto con Ronaldo e Zlatan Ibrahimović) cerca di imitarlo. Il fatto è che ci riesce: già a 10 anni faceva un specie di “doppio passo”. Certo sul campo a 7 è più difficile (per certi numeri c’è necessità di profondità), ma in ogni caso il suo livello è (è o era?) nettamente superiore alla media di chi giochi in questo tipo di tornei. Ed è così che, grazie al fatto che nessuno abbia mai picchiato gli arbitri (o almeno gli arbitri come quello che avevo incontrato io), quando Ricky ha “arpionato” un pallone a mezz’aria (in stile Ibra) un fenomeno della squadra avversaria – umiliato, perché, tecnicamente è nettamente inferiore a mio figlio – gli è piombato addosso come un bisonte. Sul ginocchio, non ostante la gamba di Ricky fosse alta.
Ricky ha tenuto il gesso per 15 giorni, poi, alla visita di controllo sono stati richiesti il tutore e le stampelle per altri 15 giorni. All’ultimo controllo la prognosi è di almeno un mese. Ricky, probabilmente, a meno di trent’anni, non potrà più giocare. Non solo… Forse perderà il lavoro. Ma non ti preoccupare, figlio mio, aveva ragione il Marchese del Grillo: Noi siamo noi e gli altri non sono un cazzo.