“La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente fra noia e dolore, con intervalli fugaci, e per di più illusori, di piacere e gioia”. Scriveva così Arthur Schopenhauer in uno dei suoi aforismi più famosi. E per quanto l’importanza del Calcio nella vita possa essere relativamente marginale e trascurabile, sostituire la parola “L’Inter” all’iniziale “la vita umana” non pare un’eresia: calza a pennello sulla storia (recente e non) del club nerazzurro.
In questi giorni, tale pendolo lo cavalca Icardi, spinto dalla moglie-agente sempre più verso il lato “dolore”, che spezza la noia di un’Inter che esprime sul campo poca gioia di giocare a pallone, poche idee, pochi goal, tante insicurezze e paure.
Discutibile, in primis, la scelta dell’ormai ex Capitano di affidare il ruolo di agente alla propria moglie, donna inesperta in un ruolo delicato come questo, e tutt’altro che distaccata e oggettiva. L’avere come agente una persona esterna ai propri cari ti dà il vantaggio preziosissimo di poterlo licenziare nel momento in cui fa un lavoro inadeguato; e, sicuramente, le dichiarazioni che Wanda Nara ha fatto più e più volte sono state inadeguate al suo ruolo. Più di tutte, per esempio, quella in cui, lo scorso dicembre, ai microfoni di Tiki Taka, ha rivelato una trattativa fallita quest’estate con la Juve, che avrebbe dovuto portare Maurito a vestire la maglia numero 9 bianconera al fianco di CR7. “È stato Mauro a impuntarsi, rifiutando anche più soldi”. Soldi che, però, alla fine, è venuta a chiedere, richiedendo un adeguamento di un contratto che scade tra ben due anni. Certamente la punta nerazzurra si merita di essere pagato come il top player che è, ma le trattative si fanno coi Dirigenti del club, a microfoni spenti, avvalendosi delle qualità indiscutibili dell’argentino e non di dichiarazioni fuori luogo volte solo a creare scompiglio, che è pane per i denti di tutti i giornalisti che non vedono l’ora di pubblicare l’ennesimo articolo intitolato #ÈCRISINTER.
Giusta quindi la decisione della società di affidare la fascia di Capitano all’uomo più silenzioso e serio del club, Handanovič, dando così un forte segnale: tutti sono utili, nessuno è indispensabile.
Sta a Icardi, ora, fare un passo indietro rispetto alle posizioni prese dalla moglie e uno avanti verso la società che gli ha affidato, quando aveva soli 22 anni, la stessa fascia vestita da una delle ultime bandiere del Calcio: Javier Zanetti.
Se è vero che dietro a ogni grande uomo c’è una grande donna, è anche vero che l’amore, spesso, deve rimanere il più distante possibile dalla carriera, fatta eccezione per quello che lega (sempre meno, purtroppo) i giocatori alla propria maglia e ai propri tifosi: che soffrono, appesi al pendolo, nel vedere il proprio Capitano, che ha pianto insieme a loro nella sconfitta e gioito nella vittoria, degradato e in lotta contro la squadra che amano.
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