La sporca ultima meta – Di Carlo Codazzi

In Primo Piano

La “Lu-La” ha spento le velleità del Sassuolo e ha avvicinato l’Inter a quella meta che non raggiunge da oltre un decennio. Questa Inter contiana, grintosa, tosta, un’autentica squadra da battaglia che bada al sodo e che riesce a vincere le cosiddette “partite sporche” ci riporta, nella memoria, al film cult “Quella sporca ultima meta” che vide eccelso protagonista Burt Reynolds.

Possiamo raffigurare il cammino che resta da compiere ai nerazzurri come un campo di football americano con le yards contrassegnate e da conquistare step by step dopo ogni down. Noi immaginiamo il nostro mister, Antonio Conte, con la palla ovale in mano che corre, con la faccia sporca di fango, per raggiungere e oltrepassare quella fatidica linea che significa meta (o touchdown nel gergo del Football made USA) e per l’Inter un ambitissimo trofeo che, per scaramanzia, non nominiamo. A inseguire Conte, nel disperato tentativo di placcarlo e fermarne la corsa, gli avversari che hanno i volti di Andrea Agnelli, Nedved, Paratici, Gazidis, Maldini, Pirlo, Pioli, Ibrahimović e CR7. Nel Football è consentito ai giocatori della squadra in possesso di proteggere il proprio portatore della palla ovale ostacolando i suoi inseguitori. Ecco, immaginiamo i tifosi dell’Inter intervenire assieme ai giocatori nerazzurri a protezione di Conte lanciato verso l’agognata meta tricolore. Proteggere Conte è la consegna che impone di intervenire con placcaggi duri verso un nutrito gruppo di avversari tra i quali piazziamo anche la pattuglia di giornalisti e opinionisti che proprio non digeriscono che il mister pugliese arrivi in meta trascinando l’Inter al successo dopo tante stagioni di magra.

“L’Inter vince ma gioca un brutto Calcio, in Europa non può farcela. Conte vince giocando male con catenaccio e contropiede, ma in Europa praticando un Calcio così meschino non si vince nulla”. Questi sono gli acidi ritornelli più in voga sparsi da diversi opinionisti su giornali, televisioni, radio e Social. Sul decimo successo consecutivo ottenuto in Campionato dall’Inter contro il Sassuolo si è rovesciato fango a piene mani inondando le moviole con le immagini della trattenuta di DeVrji a Raspadori avvenuta in area nerazzurra. Vittoria “sporca”, dunque, per qualcuno.

Se la vittoria interista sul Sassuolo è “sporca” che dire delle moviole che hanno ignorato (o derubricato a “non punibili”) il plateale fallo di mano di Rogerio a stoppare un cross di Barella e il tocco falloso di Đuričić sul polpaccio di Škriniar, poi ruzzolato a terra, entrambi commessi in area neroverde nel primo tempo?

La verità è che l’Inter ha imparato a vincere le “gare sporche” in cui è improbo giocare di fioretto perché bisogna saper soffrire, stare sul pezzo per novanta minuti più recupero, senza cedimenti e facendo appello a tutte le proprie riserve di energie nervose e fisiche, decisi a “spazzare” la propria area e dintorni senza alcuna remora. Niente fioretto e svolazzi, ma tanta grinta e clava per portare a casa i tre punti contro tutto e tutti, aiutandosi in campo. Questo è essere squadra, questo è essere un gruppo vincente. Ciò che è diventata l’Inter sotto la guida di Antonio Conte: una squadra vera che fa gruppo e che ha assimilato la mentalità vincente del suo tecnico. Handanovič e soci hanno vinto di misura cinque partite consecutive superando nell’ordine: Parma, Atalanta, Torino, Bologna e Sassuolo. Cinque match combattuti, incerti, ostici, “sporchi” che in passato l’Inter avrebbe forse perso e che, invece, la truppa di Conte ha fatto suoi.

Gli appassionati di palla ovale ci spiegano che il Rugby rappresenta una simulazione della guerra. Di conseguenza, pur con delle proprie varianti, lo è pure il Football Americano, di cui citiamo un altro memorabile lungometraggio intitolato “Ogni maledetta domenica” interpretato da un superbo Al Pacino nei panni del Coach Tony D’Amato.

Nel film, prima del match che decide la stagione, Coach D’Amato arringa i suoi con un discorso che è divenuto leggendario in cui spiega che nella vita come nel Football il margine di errore è ridottissimo. In quel discorso si parla di Inferno da scalare centimetro dopo centimetro, di giocatori pronti a sacrificarsi per i compagni e disposti a morire per un centimetro, di centimetri che sommati insieme fanno la differenza tra la vittoria e la sconfitta. È così nel Football, è così nella vita, è così nella guerra. In fondo questa è l’arte della guerra, questa è l’arte di vincere. Un’arte che l’Inter aveva disconosciuto e di cui ora Conte le ha intriso l’anima.

Siamo certi di interpretare il pensiero della maggioranza dei “Bauscia” affermando che non importa nulla se l’Inter a qualcuno appare brutta, sporca e cattiva. Nell’estate 1957 approdarono in Italia tre giocatori Sudamericani che scrissero pagine straordinarie del Calcio Italiano e mondiale, ovvero, Antonio Valentin Angelillo, Humberto Maschio e Omar Sivori. Giovani leoni che davano tutto in allenamento e sul terreno di gioco. Allora i campi erano spesso privi di erba e quando questi Campioni finivano l’allenamento avevano il volto macchiato di terra e polvere. Un massaggiatore della loro squadra, in Sudamerica, li definì “Cara sucia”, in Italiano “Faccia sporca”. Da lì nacque il soprannome dei tre: “Angeli dalla faccia sporca” (si prese spunto anche da un altro capolavoro del cinema dal titolo omonimo con James Cagney e Humphrey Bogart mirabili interpreti) . Se ci sono detrattori di professione che criticano la “Beneamata” e la vedono brutta e sporca, allora per noi tifosi nerazzurri i giocatori dell’Inter contiana sono questo: “Angeli dalla faccia sporca”.

Lukaku e compagni sono atleti che danno tutto in campo, che si aiutano, che soffrono insieme e che lottano insieme in ogni zolla del campo per avvicinarsi, centimetro dopo centimetro alla meta prefissata. Non hanno paura di apparire modesti e con umiltà si predispongono a difesa della propria area per attirare l’avversario nella propria metà campo, illudendolo di essere di fronte a una vittima predestinata, per poi fare scattare la trappola e colpirlo con ripartenze letali (proprio come avviene nelle strategie di battaglia, in cui, per esempio, i Pellerossa americani erano maestri). Dopo aver colpito l’avversario, i giocatori nerazzurri sono pronti a lottare da gladiatori e a “spazzare” per difendere il vantaggio e conquistare la vittoria.

L’Inter era precipitata all’inferno ed è risalita centimetro dopo centimetro e sta correndo verso la sua meta, come predicava coach Damato, per tornare là dove la storia insegna che debba stare. La fatidica linea si avvicina sempre di più, diventa via via più nitida, la stanchezza si fa sentire, il fiato si accorcia, le gambe si fanno pesanti come le rabbiose critiche dei detrattori, ma la linea è lì, la si può quasi toccare. Ancora 9 centimetri (9 sono, infatti, le giornate che mancano alla chiusura del Campionato) e i nostri “Angeli dalla faccia sporca”, spinti dall’amore di milioni di tifosi, arriveranno lì, a quella “Sporca ultima meta”.

Conte sembrerà Burt Reynolds e noi tifosi interisti ci sentiremo finalmente davvero “Bauscia”.

(La foto in apertura di servizio di Lautaro Martínez è di ©Mattia Ozbot)

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