Mamma, papà! Da grande voglio fare il calciatore!
Avrà detto così Roberto ai suoi genitori, come milioni di altri ragazzini fanno con le loro mamme e con i loro papà. E sua mamma e suo papà avranno messo da parte i loro impegni, come fanno quasi sempre i genitori per i figli, per accompagnarlo a Casteldebole, dove si allenava il Bologna e sfidare, insieme a lui, la sorte. Ancora non sapevano (e non lo sapeva nemmeno lui) che quel ragazzetto determinato ed emozionato sarebbe diventato uno degli attaccanti più forti della storia del Calcio, italiano e mondiale. Il suo nome era ed è Roberto e il suo cognome, nonostante non sia mai apparso fra le rose dei giocatori nerazzurri, i tifosi dell’Inter lo conoscono bene: Mancini. Roberto Mancini arriva a Milano nel 2004, come allenatore, e porta con sé quella ventata di aria fresca di cui c’era così bisogno. Arriva Mancini e arriva la Coppa Italia, erano sette anni che i nerazzurri non festeggiavano una vittoria. Il popolo interista non può che amarlo con la stessa passione con cui si ama il più forte dei beniamini della propria squadra.
Diventare un vincente non era facile, Roberto lo sapeva bene. Lo sapeva da quando superato il provino per il Bologna, la società rossoblù lo aveva comprato per cinquecentomila lire e lui, più piccolo di due anni rispetto ai suoi compagni, doveva subire continui scherzi, a volte anche pesanti, da parte dei più grandi. Nelle notti di malinconia elaborava piani di fuga per scappare e tornare dalla mamma e dal papà, ma poi si addormentava sognando di correre ancora su quel prato verde tra le grida e le acclamazioni di tutti i tifosi venuti fin lì per vederlo segnare.
Nella storia di Mancini calciatore, proprio all’inizio della sua carriera, c’è già qualcosa di nerazzurro. Il 12 Settembre 1981 Roberto sta preparando la sua valigia per la trasferta a Rimini, sarebbe stato un grande giorno: avrebbe esordito con la Primavera. Quand’ecco avanzare l’allenatore della prima squadra: Tarcisio Burgnich, famosissimo protagonista della Grande Inter di Angelo Moratti e Helenio Herrera. Burgnich lo guarda con quella serietà emozionata che solo i friulani sanno avere: “Tu resti a Bologna. Sei a disposizione della prima squadra per il match contro il Cagliari”. A soli sedici anni Mancini esordisce nel Campionato di Serie A, mentre suo papà, convinto che il figlio sia insieme alla Primavera, sta andando a Rimini per vederlo giocare. Fortunatamente a pochi chilometri da Rimini viene avvisato del cambiamento e, pieno di gioia, si rimette a guidare in direzione di Bologna. Suo padre sarà sempre presente nella vita calcistica di Roberto, sarà lui infatti a dover firmare, a fine stagione, il contratto che legherà Roberto alla Sampdoria, il giovane Campione, infatti, è ancora minorenne.