Inter… Da piccolo l’ho ascoltato mille volte quel 45 Giri: “Largo che arriva l’Inter, comincia lo spettacolo…”. Ancora mi emoziono quando il nostro pubblico si decide a sostenere la squadra e scandisce con forza: Inter! Inter! Inter! Inter… A volte ci penso davvero a cosa significhi “essere interisti”. L’ho scritto tante volte. L’ho scritto nel mio primo libro “Vade retro Satana – Storie di una vita nerazzurra” e nell’ultimo “Manuale del perfetto interista. “Io so soltanto”, scrivevo nel 2004 “che l’Internazionale mi si addice perfettamente: perché è la squadra della mia città e, proprio come Milano, accoglie tutti da sempre; perché il nostro Presidente si fa il segno della croce; perché non ci sono macchie o dubbi sulle sue vittorie; perché l’attaccamento ai colori neroazzurri va molto oltre i successi o le volontà dittatoriali; per quella innata estrosa “pazzia” che permette di compiere grandi imprese ma anche di subire sconfitte imprevedibili (il che vuol dire dare una chance anche alle squadre più deboli); perché è la prima rivale di una squadra che come simbolo ha il diavolo; perché nella sua storia il numero tre ricorre sempre nei più grandi momenti di gioia; per quel “minimo di ribellione alle istituzioni” (per dirla con Massimo Moratti), giusta se equilibrata; perché è una delle poche squadre i cui tifosi si riconoscono anche nel passato; perché chiunque sia stato male qui è stato curato con attenzione e non solo per meri interessi di proprietà; perché nel coro Non mollare mai! c’è parte del mio credo. Insomma, per me c’è davvero solo l’Inter.”. Ribadivo nel 2014 che essere dell’Inter “vuol dire essere primi e unici. Primi tra tutte le squadre a decidere di accogliere giocatori di altri Paesi e a scendere in campo non solo con atleti italiani. Unici perché solo i tifosi dell’Internazionale Milano possono alzare gli occhi verso il cielo e riconoscervi i propri colori: l’azzurro e il nero, i colori del cielo e della notte.”. Ho affermato che sembra soltanto passione da tifosi, ma quelle quattro lettere, Fcim, per noi significano molto: “Sono un simbolo di appartenenza. Sono le quattro lettere che raccontano chi siamo: Football Club Internazionale Milano.”. C’è del romanticismo nei nostri cuori, c’è una forte passione che ci lega all’Inter, ma deve rimanere così. Non mi è piaciuto l’atteggiamento dei tifosi (Curva Nord a parte) in occasione della partita con il Celtic: non un incitamento, non un coro, ma anzi, alcuni fischi per una azione sbagliata a pochi minuti dalla fine. Fischiare l’Inter in casa mentre ci si gioca la qualificazione agli Ottavi di Finale? Ma statevene a casa, seduti sulle vostre poltrone a guardare la partita in televisione! Lo so, se ci sono 50.000 tifosi e fischiano in 5000, in uno stadio sembra che fischino tutti, ma io, infatti, mi rivolgo a questi ultimi. Non siete tifosi dell’Internazionale Milano, state a casa! C’è in noi, sicuramente, un certo spirito critico che da altre parti non è presente, ma tifare Inter vuol dire anche amarla. Il lavoro che sta facendo Roberto Mancini è evidente anche a un fanciullo inesperto di Calcio. Torniamo con lui a essere quella bella famiglia di sempre. Amiamo l’Inter. Milano siamo noi! San Siro, il “Meazza, è “La Scala del Calcio” e l’Internazionale vi ha colto grandi vittorie e vi ha sofferto molto. Tutti insieme però, affermando quel motto che Gianfelice Facchetti ha espresso nella notte dei festeggiamenti del nostro Centenario: “Per sempre: solo Inter! Con i colori del cielo e della notte, infinito amore, eterna squadra mia!”.