Grazie a un tocco del “Principe” danese Christian Eriksen l’Inter è tornata dalla Bulgaria con una bella vittoria rinfrancante dopo due o che avevano fatto davvero male.
A Razgrad i nerazzurri hanno ipotecato la qualificazione agli Ottavi di Europa League superando con il classico punteggio all’inglese, 2 a 0, il Ludogorets. Un successo che ha riportato aria di vittoria rigenerante per i muscoli e le menti degli uomini di Conte. Ecco, il mister è stata la chiave del successo interista in terra bulgara perché ha aperto alla valorizzazione del colpo del mercato di gennaio dell’Inter.
Conte ha praticato un intelligente turn over preservando i vari Brozović, Škriniar (questi due sono rimasti a Milano insieme agli infortunati Bastoni, Gagliardini, Sensi e Handanovič), De Vrij, Lukakau, Barella, Young e Candreva. Sul terreno di gioco alcune seconde linee ovvero, oltre a Padelli, i vari Ranocchia, Biraghi, Borja Valero e Sánchez che sommati a Eriksen, Vecino, Lautaro, Godin, Moses e D’Ambrosio hanno composto il 3-5-2 iniziale tanto caro al nostro mister.
Le attenzioni erano tutte mirate sull’esordio europeo dal 1’ con la maglia nerazzurra di Eriksen. Il danese è stato schierato mezzala e la sua prestazione nei primi 45’ è stata simile a quella di tutta la squadra: in sordina, molle e sonnolenta.
L’Inter, infatti, dopo un’occasione iniziale capitata sui piedi di Biraghi e sciupata è caduta in letargo limitandosi a controllare gli avversari che sono parsi, a loro volta, preoccupati di conservare il nulla di fatto.
Nell’intervallo Conte deve essersi espresso nello spogliatoio alla stregua della pausa dello scorso derby, così la sua truppa è rientrata in campo decisa a far propria la partita.
Il mister, a differenza dell’intervallo del derby, ha anche corretto tatticamente qualcosa. Conte ha avanzato Eriksen a ridosso delle punte liberandolo dalle catene della copertura riservata a Vecino e Borja (encomiabile quest’ultimo che, oltre a impostare la manovra, ha sbrogliato alcune situazioni pericolose dietro). Eriksen ha iniziato a sciorinare tocchi “principeschi” e l’Inter ha sfiorato subito il goal con un palo colpito di tacco da Sánchez. Ad abbattere il muro difensivo bulgaro ha contribuito l’ingresso di Lukaku che, al 19’ della ripresa, ha rilevato un Lautaro più spento che mai (distrazioni di mercato?). L’intesa tra il “Principe” e il “Gigante” ha fruttato la rete che ha sbloccato la partita. Big Rom ha avviato l’azione, poi ha servito un assist con una sponda perfetta a Eriksen che con un bel destro ha infilato Plamen Iliev. Al 71’ Inter finalmente in vantaggio. Poco dopo altro tocco di Christian che ha centrato l’incrocio dei pali con un potente sinistro da fuori. Destro, sinistro et voilà ! Il “Principe” può annichilire gli avversari con tocchi con entrambi i piedi e questa può essere un bell’apriscatole quando bisogna scardinare difese molto chiuse.
Nel recupero del match di Razgrad, altro “tocco” del danese a favorire il raddoppio interista. Eriksen ha calciato il pallone dalla bandierina cercando in area l’incornata di Ranocchia anticipato con la mano da Aniet: rigore segnalato dal VAR all’arbitro e trasformazione perfetta di “Big Rom” ad arrotondare il punteggio e a ipotecare il passaggio del turno.
Tutto perfetto, compresa la correzione dello schema apportata da Conte che, 2 minuti dopo il goal di Eriksen, ha provveduto nella ripresa a passare i suoi al 4-3-1-2 mettendo nelle condizioni “Il Principe” danese di illuminare con la sua nobiltà il gioco offensivo nerazzurro. La variazione del copione tattico è avvenuta sostituendo Moses con Barella che ha rinforzato la mediana composta da Borja e Vecino, mentre D’Ambrosio arretrava a fare l’esterno difensivo destro con Biraghi (poi rilevato da Young) a sua volta arretrato sulla linea di Ranocchia e Godin. Sulla trequarti Eriksen per innescare Lukaku e Sánchez.
La vittoria in Bulgaria ha testimoniato quanto è indispensabile alla causa nerazzurra la classe di Eriksen che può ridare luminosità ed efficacia alla fase offensiva nerazzurra parsa un po’ prevedibile nel nuovo anno.
Per poter ammirare la nobiltà del “Principe” danese è necessario che il sarto Conte gli cucia addosso l’abito della festa perfetto, cioè vestirlo da fantasista per danzare tra le linee nemiche. L’Inter può giocare a 4 in difesa giostrando col 4-3-1-2, così come può restare a 3 nella linea difensiva virando sul 3-4-1-2. Questi sembrano gli abiti fatti su misura per Eriksen che gli possono permetter di sfoggiare la sua classe. Classe indispensabile in questo finale di stagione per riuscire a mettere in bacheca un trofeo. Costringere il danese a vestire indumenti diversi (leggi mezzala interna) lo imprigionerebbe e peggio ancora sarebbe relegarlo in panchina in avvio di gara.
Il mister nel post match di Razgrad ha affermato di non capire l’ansia che avvolge Christian. L’ansia deriva dal fatto che da troppo tempo l’Inter non è all’altezza del suo blasone. Nelle ultime 8 stagioni i supporters del “Biscione” hanno visto troppe mezze figure vestire la maglia nerazzurra e adesso che i Campioni tornano a far capolino ad Appiano Gentile li vuole vedere in campo a sciorinare giocate da fuoriclasse. C’è fame di vittoria, c’è fame di nobiltà.
L’Inter ha una storia nobile e in passato ha già goduto dei tocchi di un “Prinicipe” che hanno portato ad uno storico “Triplete”. Non si pretende di piazzare tre trofei in un colpo solo nella bacheca, ma almeno uno sì. Per nobilitare di nuovo la bacheca nerazzurra servono i tocchi di Eriksen, servono i tocchi del “Principe”.
Questa sera si goca a San Siro in un clima surreale.
(La foto in apertura di servizio è di Pierluigi Arcidiacono)
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