Ennesima delusione che sancisce l’eliminazione dei nerazzurri dall’Europa League, obiettivo che – non prendiamoci in giro – era diventato fondamentale per non mandare a rotoli il tanto bel lavoro e sforzo fatti in precedenza. Certo, non ci si poteva aspettare una vittoria del torneo con nonchalance, ma uscire agli Ottavi di Finale contro una squadra decente (e nulla più) è davvero sconfortante. Sconfortante perché la sconfitta è arrivata senza fare nemmeno un goal in due turni; perché i tre cambi del ritorno a MIlano sono stati un difensore centrale e due ragazzi della Primavera, all’esordio in prima squadra; perché è da 8 anni che non riusciamo a uscire da questo vortice di inconcludenze, che ci attira dentro di sé ogni volta che cerchiamo di sporgere fuori la testa.
Handanović 7: il Capitano salva la baracca più volte, tenendo vivo un barlume di speranza che va piano piano a spegnersi con il passare dei minuti.
Cédric 5: inspiegabile la scelta di farlo giocare sulla fascia sinistra anziché sulla destra, dove c’è D’Ambrosio. A piedi invertiti se la cavicchia tecnicamente, però, soffre la fisicità degli avversari.
Škriniar 7: un vero colosso, un vero trascinatore. Il linguaggio del corpo e le grida motivazionali lo rendono un uomo forte e solitario tra tanti “molli” e scarichi. Fa benissimo anche quando viene spostato davanti alla difesa, lottando e smistando palloni (ricordo che è un ruolo, quello del mediano, da lui già svolto più volte con la nazionale slovacca).
De Vrij 5: l’errore che ha ucciso la partita e i piani tattici al quinto minuto è troppo grave, soprattutto se viene commesso da un giocatore come lui, infatti fa scalpore. Per il resto della partita fa il suo dovere, ma questo errore verrà ricordato quasi quanto il rigore sbagliato da Brozović nella partita d’andata.
D’Ambrosio 4,5: quanta indecisione in un solo giocatore. Sbaglia tantissimo, sia in fase di impostazione sia in fase di chiusura, tecnicamente e tatticamente, ma sbaglia soprattutto l’atteggiamento, che fa andare di matto i tifosi.
Vecino 4,5: quando c’è troppo da dire è meglio affidarsi alla peculiarità della brevità, riassumendo la sua prestazione in una sola parola: imbarazzante.
Borja Valero 5: sorprendentemente corre tanto; in fase di palleggio perde meno palloni di altri, ma nulla che esalti la sua partita, se non qualche cambio di campo. Nessuna verticalizzazione, nessuna conclusione, nessun passaggio importante.
Politano 5,5: come al solito non gli si può contestare nulla dal punto di vista dell’impegno, ed è anche uno dei pochi – se non l’unico – che a sprazzi crea scompiglio ai difensori tedeschi. Stanco, esce a 10 minuti dalla fine.
Candreva 4,5: lo stesso discorso fatto su D’Ambrosio vale anche per lui. “Scusato” in parte per il cambio ruolo a partita in corso (terzino destro), ma fino a tale cambio tattico non ne ha azzeccata una.
Perišić 4,5: il croato è come una pila del telecomando andata smarrita: la cerchi dappertutto, ribaltando casa, tra oggetti, cassetti e scomparti; ti arrabbi, ma poi la trovi. Sei contento e non vedi l’ora di usare il telecomando e così è. L’unico difetto è che la pila è scarica e dura solo 5 minuti. Con Perišić è un po’ la stessa cosa: lui è la pila, i suoi periodi sono la sua “carica” di batteria e l’arrabbiatura… Beh, quella è universale.
Keita 5: torna dopo la sfida di fine dicembre contro l’Empoli, dopo essere stato fermo troppo a lungo. La partita è delicatissima, il ruolo non è propriamente il suo e i palloni sono pochi e difficili. Nonostante queste motivazioni, mette in campo troppo poca “cazzimma”.
Ranocchia 6
Esposito s.v.
Merola s.v.
Spalletti 5: mette in campo quello che ha e quello che può; i tre cambi sono la prova di quanto la rosa sia corta e inadeguata per poter anche solo sperare di fare bene in due competizioni. Si gira, guarda la panchina e vede: un portiere, un centrale di difesa, un centrocampista infortunato e tutti ragazzi della Primavera. La colpa dell’atteggiamento non abbastanza agguerrito gli si può essere attribuita in parte, ma quello che crea perplessità è che non è riuscito a trovare un “antidoto” al pressing alto della squadra di Hütter.
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