Non poteva che fare un’uscita migliore il dottor Ezio Pimpinelli, dopo aver visto la sua Inter vincere nel derby. Lui l’Inter l’aveva davvero nel cuore e pur di stare vicino ai ragazzi della Beneamata, molti anni fa, offriva il suo servizio di medico di turno durante le partite in casa, a San Siro.
Un grande interista, che già negli Anni Sessanta seguiva la squadra in trasferta nelle epiche sfide di Coppa dei Campioni. Lo ricordiamo un giorno scendere dagli spalti (non lavorava più…) per andare in campo a rimproverare addirittura Karl-Heinz Rummenigge, che non stava (secondo lui) giocando bene.
Quando iniziò l’era delle televisioni il salotto di casa sua diventò un vero e proprio settore dello stadio: se l’Inter giocava in trasferta lui ospitava gli amici più fedeli (all’Inter), suoi e dei figli: Nino e Paolo.
Nacque in quegli anni il suo concetto tecnico assai prezioso: “Bisogna tirareee!”.
Molte le emozioni e numerosi i ricordi che, però appartengono alla sfera privata e alla mia amicizia con il figlio Paolo: Il Pimpi…
Era buono e simpatico, spontaneo. Lo ricordiamo in un’altra occasione: eravamo a casa sua con un giornalista del CORRIERE DELLA SERA, per un’intervista sulla “Grande Inter”; parlò per due ore, ci mostrò giornali d’epoca e i suoi cimeli (biglietti e abbonamenti), poi, con la più delicata e gentile espressione ci disse: “Scusate, io sono un po’ stanco, ma… Una curiosità: si può sapere perché mi fate tutte queste domande?”.
Lo scorso anno venne con noi, per l’ultima volta, a San Siro ed era felice come un bambino.
Era meraviglioso il suo amore per i colori nerazzurri; si pensi solo al fatto che negli ultimi anni aveva preso l’abitudine di riguardare le vecchie partite con le cassette VHS registrate nel tempo… Le riguardava e si arrabbiava ed emozionava, come se fossero in diretta.
Ezio Pimpinelli è stato anche un personaggio del mio primo libro sull’Inter: “Vade retro Satana – Storie di una vita neroazzurra” (Proedi-Librificio – 2014). Lo ricordiamo anche così, proponendo il capitolo “Uno stregone a Mosca”.
Uno stregone a Mosca
Quel giorno, nello stadio di Mosca, si era creato molto spazio attorno a lui. Mazzola aveva segnato un goal e lui, spontaneamente e con un po’ di fortuna aveva scattato una fotografia proprio in quell’istante. In realtà, guardando quella fotografia si può affermare che non è un granché: il giocatore è piccolo piccolo, figurarsi il pallone che va in rete. Il dottor Pimpinelli, però, era ugualmente soddisfatto, non solo perché casualmente aveva scattato la foto nel momento giusto, ma perché la macchina fotografica da lui utilizzata era assolutamente all’avanguardia. Pochi potevano permettersela in quel periodo.
Quella macchina così moderna e avanzata era una delle prime Polaroid, il che spiega anche l’entusiasmo del dottor Pimpinelli: la foto uscì immediatamente dalla macchina e si sviluppò sotto i suoi occhi. Sino a qui, sembrerebbe, nulla di strano. Invece no, perché il dottor Pimpinelli, nell’entusiasmo del goal e della novità in suo possesso fece l’errore di mostrare la fotografia ai vicini di posto. Non si può certo dire che in quegli anni in Russia lo sviluppo tecnologico fosse favorito, e men che mai le novità provenienti dall’Occidente capitalista. A quelle persone la cosa apparve perciò come una sorta di magia, di sortilegio, perciò piano piano iniziarono a spostarsi. E più il dottore mostrava con entusiasmo la sua foto e più si creava spazio attorno a lui. Così appariva quel settore dello stadio dopo il goal di Mazzola: con un grande vuoto attorno a uno strano signore sorridente, un po’ per l’Inter, un po’ orgoglioso della sua fotografia.
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