Il 22 maggio è una data cara ai tifosi interisti perché quel giorno dell’anno 2010 l’Inter vinse la Champions League al Bernabeu, battendo il Bayern Monaco realizzando il mitico “Triplete”.
Non sarà così dolce d’ora in poi il giorno 22 maggio perché proprio in occasione del decennale del “Triplete” interista è arrivata come una mazzata: la notizia che Luigi Simoni era volato in cielo.
Un pugno nello stomaco di ogni tifoso nerazzurro la scomparsa di Simoni, l’allenatore di Ronaldo “Il Fenomeno” nella stagione 1997/1998, dolce e amara allo stesso tempo.
In passato, in occasione della scomparsa di una persona, si soleva dire: “Sono sempre i migliori ad andarsene” e in questa tristissima circostanza quella frase ci pare particolarmente indicata per ricordare il nostro “Gigi”. “Nostro”, perché Simoni è entrato nel cuore di tutti i supporters dell’Inter non solo perché ha portato nella bacheca nerazzurra una splendida Coppa Uefa, ma soprattutto perché era una persona che possedeva dentro di sé valori umani importanti, che ha saputo trasmettere alle persone che hanno lavorato con lui e alle tifoserie dei club in cui ha militato da giocatore, da allenatore e da Dirigente. Si è fatto amare ovunque abbia lavorato e ha saputo farsi amare anche dai sostenitori interisti.
Il sottoscritto ha avuto la fortuna e l’onore di conoscere personalmente Luigi Simoni, tre anni fa, in occasione di un evento dell’Inter Club Reggio Emilia, da me organizzato nella nostra Città del Tricolore. L’occasione era il “Premio Armando Picchi” (premio che veniva assegnato a personaggi del mondo dello sport capaci di ottenere successi, ma anche di essere testimoni dei più alti valori sportivi e umani alla pari di Armando Picchi cui il premio era intitolato).
(Nella foto: Gigi Simoni e Carlo Codazzi, Presidente dell’Inter Club Reggio Emilia)
Gigi era una persona, solare, dal viso schietto e dai modi sinceri e gentili. Creava subito empatia in chi lo circondava per la sua semplicità, assai distante dallo stereotipo del personaggio famoso, un po’ scostante, che guarda tutti dall’alto in basso con atteggiamento superiore. Organizzando eventi sportivi ne abbiamo conosciuti parecchi, purtroppo, di personaggi simili, ma Simoni era diverso, lui era davvero “Uno di noi”, parafrasando i canti che si sentono provenire dalle Curve degli stadi nostrani quando un atleta riesce a farsi davvero amare. Disponibilissimo a ricordare le sue esperienze e a parlare di Calcio, lo si sarebbe stato ad ascoltare per ore.
Quella sera di maggio di tre anni fa, presenziò al triangolare di Calcio a 5, previsto nel programma del “Premio Armando Picchi”, con squadre che rappresentavano l’Inter, il Bologna e la Reggiana, composte da vecchie glorie del Calcio italiano che Gigi conosceva benissimo. Gli si leggeva negli occhi la contentezza di ritrovare “vecchi” amici ed ex colleghi in una serata spensierata.
Noi gli consegnammo il “Premio Armando Picchi” alla carriera e lui, dopo la cena di gala dell’evento, presentò il suo libro “Simoni si nasce”. Un titolo indovinato che richiama una frase del grande Totò “Signori si nasce e io, modestamente, lo nacqui”.
(Nella foto: Nicola Berti, Carlo Codazzi, Alessandro Scanziani, Valerio Bressan)
Effettivamente Simoni si nasce così come: “Signori si nasce” e Gigi era proprio un Signore.
Signorilità che fu offesa quel giorno di aprile del 1998 quando un personaggio che del “Signore” aveva davvero poco condannò la sua Inter alla sconfitta in casa della Juventus, con conseguente perdita di un Campionato che Simoni e i suoi ragazzi avrebbero meritato di vincere.
Ci stiamo riferendo (tutti ricorderanno, anche se sono passati ventidue anni) al famoso rigore negato ai nerazzurri in occasione del netto fallo commesso da Mark Juliano, allora difensore della “Vecchia signora”, ai danni del “Fenomeno” (Ronaldo) nel “Derby d’Italia” che terminò 1 a 0 per i bianconeri e che decise l’esito di quel massimo torneo nazionale.
Quell’episodio segnò in negativo la storia dell’Inter e la carriera di Gigi. Ricordo ancora le immagini televisive che mostravano Simoni entrare in campo per protestare e ricordo, come, ripeto, penso ricordino tutti i tifosi interisti che videro quel match, il suo labiale mentre si rivolgeva all’autore del misfatto, l’arbitro Ceccarini : “Si vergogni”!
Per una persona così per bene come Gigi, leale e sportiva fino al midollo, quell’episodio non era sopportabile e la sua indignazione non era trattenibile. Simoni si era contenuto fino a quella partita digerendo diversi episodi arbitrali negativi per l’Inter e favorevoli alla Juve, ma non ci riuscì in quella circostanza che determinò la classifica finale di quel Campionato, che, qualcuno, cui i valori umani e sportivi dello stesso Gigi facevano un baffo, aveva già deciso a tavolino fin dall’inizio.
Anni dopo (nel 2006) fu chiaro a tutti come funzionava il Calcio italiano. A Simoni parve chiarissimo per tutto quel Campionato che fu sottratto a lui, all’Inter, a Moratti e a tutto il popolo interista. A ogni vigilia del “Derby d’Italia”, puntualmente, i giornalisti lo contattavano ritornando sul fattaccio Juliano-Ronaldo e torcendogli il coltello in una ferita che rimase sempre aperta per il professionista e per l’uomo Simoni; un uomo che veniva dalla gavetta cui nessuno ha mai regalato nulla e che non si è mai piegato a compromessi per facilitarsi la carriera.
Simoni si era guadagnato col sudore e con la massima serietà professionale la possibilità di allenare l’Inter, uno dei club più prestigiosi al mondo, ma animato da una grandissima passione per il suo lavoro non ha esitato, negli anni successivi, a scendere fino in Lega Pro seconda divisione per assumere l’incarico di Direttore tecnico e, successivamente, di allenatore del Gubbio.
Non è da tutti.
Chi ha avuto un passato sportivo glorioso spesso preferisce un esilio dorato piuttosto che “sporcarsi” nelle serie minori anteponendo il proprio orgoglio alla passione sportiva vera.
Ingiustamente il nome di Simoni viene quasi esclusivamente accostato alla polemica sorta per il contatto Juliano-Ronaldo ignorato da Ceccarini, ma Gigi merita di essere ricordato per i valori che hanno caratterizzato la sua carriera professionale e la sua vita personale, oltre che per i suoi successi (o “insuccessi”).
La sua vittoria più prestigiosa ottenuta in panchina è rappresentata, come sopra riportato, dal trionfo nella Coppa Uefa 1998, quando la sua Inter, la sera del 6 maggio, al Parco dei Principi di Parigi, stese la Lazio di: Sven Goran Erikson, Mancini, Nesta e Nedved, con un perentorio 3 a 0.
Un’impresa che ancora riscalda i cuori nerazzurri che hanno negli occhi le prodezze di Zamorano, Zanetti e Ronaldo, che ubriacò di finte il malcapitato Marchegiani prima di depositare in rete il pallone e sublimò quella grande vittoria.
Simoni ottenne anche un altro successo internazionale vincendo con la Cremonese la Coppa Anglo-Italiana nel glorioso stadio di Wembley nel 1993.
Vinse anche tre Campionati di Serie B con: Genoa e Pisa (2); e ottenne due prestigiosi riconoscimenti nelle vesti di allenatore: la “Panchina d’Oro” nel 1998 e il premio “Allenatore dei Sogni” nel 1994. Altre meritate; l’ingresso nella “Hall of Fame” del Genoa e la nomina di “Allenatore del secolo” della Cremonese in occasione del centenario del club grigiorosso. Gigi condivide con Jaconi il primato di promozioni ottenute in Italia: ben 8 di cui 7 dalla Serie B alla Serie A. L’ottava promozione l’ha conquistata col Gubbio che ha portato in C1. Grazie alla guida tecnica di Gigi hanno assaporato la gioia della Serie A: Genoa, Brescia, Pisa, Cremonese e Ancona.
Simoni, prima di iniziare la carriera di tecnico, è stato un calciatore di buon livello e ha militato in formazioni prestigiose quali: Juventus, Torino, Genoa e Napoli. Con quest’ultimo club ha conquistato nel 1962 la Coppa Italia e vinto il Campionato di Serie B. Ha ottenuto la promozione in A anche con la maglia rossoblu del Genoa nel 1973. Nella sua permanenza al Toro, dove giocò per 3 stagioni, ebbe l’onore di comporre una formidabile coppia di ali offensive con un altro Luigi, o meglio: un altro “Gigi, ossia Meroni, lo sfortunato fuoriclasse granata che troppo presto ci ha lasciato. In quella stagione Simoni marcò 10 reti, suo record personale in Campionato.
Simoni ha subìto, nella sua carriera sportiva, varie delusioni e sconfitte, ma ha sempre saputo rialzarsi con forza e dignità. Ha subito alcune retrocessioni durante la carriera di allenatore e alcuni esoneri. Gli fece male, in particolare, l’esonero ricevuto da Massimo Moratti nel giorno in cui aveva vinto e ritirato a Coverciano la prestigiosa “Panchina d’oro” per la stagione 1997/98. A tre ore di distanza dal ritiro del premio, Sandro Mazzola gli comunicò, mentre in auto stava rientrando a Milano, che Moratti aveva deciso di sostituirlo con Mircea Lucescu. “Mi hanno maciullato!”, commentò indignato il suo licenziamento subìto dal Presidente interista. “Cacciato mentre mi premiavano, ho fatto la figura del pagliaccio. È una cosa difficile da accettare e la ritengo ingiusta”. Da gran signore qual era, Simoni poi perdonò Moratti per l’ingiustizia che gli aveva inflitto e più volte affermò che non serbava rancore all’ex Patron nerazzurro. A modesto parere del sottoscritto, interista sfegatato, l’esonero di Simoni, avvenuto nei tempi e modi peggiori, rappresenta l’unica macchia della carriera di Presidente dell’Inter di Massimo Moratti cui tutti noi “Bauscia” siamo devoti per i 16 trofei che ci ha regalato con tanto di “Triplete”. Da persona per bene qual è l’ex numero uno interista, Massimo Moratti ebbe poi modo di riconoscere pubblicamente di aver sbagliato nei confronti di Simoni.
Il cruccio che rimase sempre nella mente di Gigi consisteva nella convinzione che se il Campionato 1997/98 fosse stato condotto regolarmente la sua Inter avrebbe, probabilmente, vinto lo scudetto che, sommato alla conquista della Coppa Uefa, avrebbe reso fantastica quella stagione nerazzurra consentendogli di aprire un ciclo con la “Beneamata”. Un ciclo che avrebbe potuto riservare a lui e a tutto il popolo nerazzurro ulteriori imprese e conquiste che avrebbero fatto di Gigi Simoni una “Leggenda”.
L’Inter del 1997/98 era come lui: solida, determinata, estremamente concreta. Non giocava un “Calcio champagne”; non praticava il tiqui-taqua, ma era dura da battere e sapeva colpire l’avversario al momento giusto. Simoni fu abile nel gestire lo spogliatoio nerazzurro riuscendo a fondere alla perfezione l’enorme talento del “Fenomeno” Ronaldo con il resto della squadra senza far nascere invidie e gelosie nei confronti del Campionissimo brasiliano. Non era facile assemblare quella formazione perché vi erano giocatori con caratteristiche particolari, ma Simoni riuscì a trovare lo spazio giusto per ciascuno e a creare i giusti accorgimenti e automatismi tattici. Lanciò “Checco” Moriero, acquistato in estate per una cifra irrisoria; perfezionò la difesa con l’innesto voluto a gennaio di “Ciccio” Colonnese e permise a “Lo Zio” Bergomi di meritarsi la convocazione, a 35 anni suonati, per il suo quarto Mondiale.
(Il nostro Direttore, Cav. Pierluigi Arcidiacono, con la Coppa Uefa vinta dall’Inter di Gigi Simoni, nel 1998)
Ronaldo ha definito Simoni “un maestro” ed è questo ciò che era Gigi: un maestro di vita oltre che di Calcio.
Come accennato, la sua carriera professionale è stata caratterizzata da alti e bassi, da vittorie e sconfitte che non hanno mai scalfito l’uomo Simoni capace sempre di mantenere equilibrio e saggezza perché nel lavoro, come nella vita, bisogna saper vincere e bisogna saper perdere. Gigi sapeva come confrontarsi serenamente sia con la vittoria, sia con la sconfitta. Sapeva accettare con dignità anche le sconfitte più ingiuste, talvolta poco trasparenti, che ha dovuto subire suo malgrado. Anche nella vita personale si è dovuto cimentare con l’ingiustizia più grande che un essere umano può subire: la perdita di un figlio. Nel dicembre 1999, quando era alla guida del Piacenza, Simoni perse il suo Adriano a seguito di un incidente stradale. Adriano aveva solo 33 anni. Una tremenda mazzata cui Gigi ha saputo reagire tuffandosi nel lavoro che lo portò sino a Sofia per guidare dalla panchina il CSKA.
Essendo stato Simoni un uomo di sport, non si poteva non accennare alle sue imprese e alle sue sconfitte, ma Gigi non era persona da misurare con i numeri. Né lo si può ridurre alla diatriba con l’arbitro Ceccarini per il contatto Juliano-Ronaldo. Non sarà la sua “passeggiata” di protesta sul terreno dello “Stadio delle Alpi” e quel dito puntato sull’arbitro l’immagine di Gigi che il sottoscritto conserverà nella sua memoria e nel suo cuore. Le sue immagini che porto e che porterò per sempre nel mio profondo sono il suo viso sorridente mentre mi veniva incontro per salutarmi in occasione del suo ingresso al “Premio Armando Picchi” e il suo scatto gioioso dalla panchina, al Parco dei Principi, al goal del 2 a 0 di Javier Zanetti nella Finale Uefa 1998.
Il 22 maggio 2020 Gigi è volato in cielo, rimpianto da chi lo ha conosciuto e stimato e da chi lo ha apprezzato come personaggio pubblico. Se ne è andato in punta di piedi come se non volesse disturbare, ma ci ha lasciato un grande patrimonio di valori umani che sta a noi non sperperare. Quel patrimonio è il trofeo più scintillante di Gigi Simoni. Ci ha indicato una strada da seguire come quando dava istruzioni dalla panchina ai suoi giocatori. Seguiamola quella strada senza farci traviare da chi dimentica l’etica morale per cercare scorciatoie.
Teniamoci stretto il patrimonio di Gigi perché Signori e Simoni si nasce sì, ma ci si può anche diventare lungo il percorso.
Non ti dimenticheremo, ciao Gigi.
Luigi Simoni è nato a Crevalcore (Bologna) il 22 gennaio 1939, ed è salito alla Casa del Padre il 22 maggio 2020 all’Ospedale Cisanello di Pisa.
#Gigi Simoni #Ronaldo #CoppaUefa1998 #Ceccarini #Coronavirus #Covid-19 #AnniversarioTriplete2010 #CarloCodazzi #Milito #Mourinho #InterClubReggioEmilia #InterTV #AntonioConte #CurvaNord69 #Boys #BoysLeFurieNerazzurre #Irriducibili #Viking #ForzaInter #InterFans #CheCalcioCheFa #InterFanTV #CurvaNordMilano #hashtaginter #PierluigiArcidiacono #PigiArcidiacono #CanteremoSinoAllaMorte