Sabato, 22 maggio 2010. Ricordo bene quel giorno, come dimenticarlo. L’Inter, la mia squadra, tornava a giocarsi dopo trentotto anni (l’ultima fu a Rotterdam contro l’Ajax di Johan Cruiff sconfitta per 2 a 0), la possibilità di alzare al cielo la Coppa dei Campioni (#ChampionsLeague).
Una Finale raggiunta dopo aver eliminato squadre del calibro di: Chelsea, Cska Mosca e Barcellona. Al Santiago Bernabeu di Madrid ad attenderci un’altra grande d’Europa come il Bayern Monaco, squadra tedesca, coriacea e sempre difficile da affrontare.
Non solo. C’era di mezzo il “Triplete”, le tre competzioni più importanti lì a portata di mano… Un’impresa mai riuscita a una squadra italiana.
Fu molto difficile convincersi che fosse un giorno come gli altri, perché, di fatto, non lo era. Non lo era, malgrado cercassi in tutti i modi di farmela sembrare tale, che anche la giornata lavorativa si sviluppasse normalmente; ma niente da fare: ogni pensiero e ogni discorso finiva inevitabilmente sulla partita. Provai ad uscire di casa a pensare ad altro, ma la testa era al Bernabeu e alla “Coppa dalle Grandi Orecchie”.
Decisi di andare in sede (1), vi arrivai con largo anticipo, circa tre ore e mezzo prima dell’ora fatidica; ne approfittai per organizzare nel miglior modo l’appuntamento più importante; l’appuntamento con la Storia.
Di lì a poco cominciarono ad arrivare i primi soci, che, come me, probabilmente non riuscivano a stare lontani dalla nostra “Casa”.
Al fischio d’inizio dell’Arbitro Howard Webb eravamo circa duecento fra dentro e fuori. Ricordo che prendemmo in prestito dal centro commerciale adiacente al nostro club, una decina di panchine, vista l’affluenza straordinaria di quella sera. L’atmosfera era incredibile, la tensione si tagliava a fette.
All’ingresso delle squadre in campo nessuno dei giocatori dell’Inter guarda la Coppa, c’è chi si volta e chi abbassa lo sguardo per non incrociarla. È stupenda, è lì a un passo, puoi quasi toccarla: no, quella Coppa non poteva sfuggirci, non poteva prendere altre strade se non quella di Milano.
Quarantacinque anni dall’ultima Coppa dei Campioni vinta erano troppi, non potevamo perdere, me lo sentivo.
Il popolo nerazzurro che era riuscito ad andare a Madrid e quello in Piazza del Duomo e in tutta Italia avrebbe spinto la squadra verso l’Impresa.
Da Presidente del mio Inter Club, mi preoccupai di sistemare i miei soci nel miglior modo possibile mentre io mi posizionai in piedi in un angolo vicino alla porta d’uscita…
Volevo viverla da solo in disparte.
Non esultai né sul primo né sul secondo goal de “Il Principe Milito”.
La mia commozione sta tutta nelle parole di Massimo Marianella: “Perché sono 45 anni che l’Inter sta aspettando QUESTO MOMENTO, perché ha vinto la 55° Coppa dei Campioni…”.
Solo in un secondo momento quando sfilammo per le vie della città, realizzai quello che avevamo fatto e, allora, detti sfogo a tutta la mia gioia. Quarantacinque anni dopo Armando Picchi, storico Capitano dell’Inter, un’altro Grande Capitano, Xavier Zanetti, alzò al cielo la Coppa dei Campioni.
È tutto vero. L’Inter è Campione d’Europa.
(La foto in apertura di servizio della bacheca dei trofei dell’Inter è di Mattia Pistoia)
(1) Maurizio Ceccarelli è il Presidente dell’Inter Club Follonica “Giacinto Facchetti”.