Se ne stanno occupando un po’ tutti, forse ci ricaveranno i soliti titoli, qualche decina di minuti nelle trasmissioni che del dolore fanno spettacolo. Forse sta già accadendo. Aveva solo 22 anni, era un tifoso dell’Inter, i suoi amici più intimi si ricordano di quando previde che sulla panchina nerazzurra sarebbe arrivato Rafael Benitez. Si chiamava Vittorio Andrei, viveva a Roma, e quando ci fu la Finale di Champions League nel 2010 tornò a Milano (dove era nato) per la grande festa nerazzurra. Il suo video “Petrolio” si apre con la scritta: DEDICATO A CHI, NONOSTANTE TUTTO, NON HA MAI MOLLATO, proprio come si cantava a san Siro una volta: Non mollare mai! Sì, un video, perché Vittorio era un rapper “d’impegno” che stava per assaggiare il sapore delle luci del palco più importanti. Scriveva cose belle, testi non banali. Stava per raggiungere il successo. Artisticamente era “Cranio randagio”, ma basta guardare i suoi video su You Tube o le fotografie che si trovano on-line per osservare un ragazzo tutt’altro che aggressivo. Quando si esibì a X FACTOR, con i dread educatamente raccolti, gli occhiali e i baffetti all’insù (in stile primo Novecento), commosse tutti, fu difficile trattenere le lacrime: “Adesso sono qui, dove tu mi hai lasciato…”, “…cantavo sotto la doccia. Dopo il tuo funerale pensavo che le canzoni dessero pace a tutto lo strazio…”, una strofa dedicata al suo papà che non c’era più e inserita nel testo della canzone che presentava quel giorno (“Adesso sono qui” di Ghemon), senza tanto preoccuparsi di cantarla bene, ma lasciandosi andare alle emozioni. Vittorio è morto a una festa, nella notte tra venerdì e sabato scorsi. Si è addormentato. Forse sfortuna, forse ingenuità. Chi gli era accanto non ha saputo intervenire prontamente. Anzi. Storia vecchia… La sua mamma, Carlotta, rimane sola con i suoi due fratellini Sergino (di 17 anni) e Giovanni (di 13 anni).