L’Inter ha dato un bel segnale alla concorrenza mandando al tappeto il Bologna al Meazza con una prestazione brillante e autoritaria. Il punteggio finale di 3 a 1 non rende appieno l’idea del dominio degli uomini di Conte che hanno smaltito in fretta le scorie di Mönchengladbach domando una formazione tradizionalmente ostica al Meazza e vendicando, così, l’amaro subito nel luglio scorso che costò, in parte, lo Scudetto. Per Capitan Handanovič e soci una conferma dei progressi compiuti dalla gara col Sassuolo in poi che assume grande rilevanza in vista della match clou con lo Shakhtar del prossimo 9 dicembre.
La vera nota di interesse per i media e per parte della tifoseria nerazzurra, però, non è stato il bel successo dell’Inter, ma l’ingresso al 91’ di Eriksen che gli ha scatenati in nuove, spietate, polemiche verso Conte.
Negli Anni Settanta ebbe successo un motivo che nel ritornello recitava così : “Se sei bello, ti tirano le pietre, se sei brutto ti tirano le pietre, qualunque cosa fai, qualunque cosa sei, ti tirano le pietre”. Ritornello che ben si adatta al povero Conte cui non basta che la sua Inter vinca e convinca. Gli spietati detrattori del tecnico leccese sono pronti ad attaccarsi al minimo appiglio per aprire il fuoco nei suoi confronti. Per costoro, ormai, si tratta di una sorta di Guerra Santa. L’Inter ha svoltato? Vince e gioca pure bene? Non ha importanza, l’imperativo era e resta: “Conte out”. Così la fazione di pseudo tifosi interisti anti mister e i Media hanno concentrato il loro fuoco sulla gestione di Christian Eriksen. Il danese, per gli spietati componenti del “Partito no-Conte”, è il martire dell’incoerenza e del cinismo di Antonio Conte deciso a umiliarlo facendolo, a più riprese, entrare in campo nei minuti di recupero delle gare per spingerlo a chiedere la cessione. Conte è stato giudicato colpevole, oltre che di oltraggio verso il giocatore, per averlo pubblicamente umiliato, di avere depauperato un asset importante della società nerazzurra e di essere stato incapace di confezionare su misura per Eriksen il gioco della squadra.
Versione dei fatti tanto spietata quanto lacunosa a nostro modesto avviso. Al di là del fatto che il danese è profumatamente pagato per giocare anche un solo minuto a partita, il suo sistematico ritardato ingresso in campo più che un gesto teso a umiliarlo potrebbe essere, a nostro avviso, una premura nei suoi confronti. Già perché in ballo ci sono bonus legati alle sue presenze in campo. Il mister, è risaputo, non aveva gradito il suo acquisto e aveva caldeggiato gli arrivi, nel gennaio scorso, di centrocampisti con caratteristiche diverse da Christian, più adatti del danese al suo progetto tecnico. L’Inter ha ripreso vigore quando ha eliminato la figura del trequartista per schierare un centrocampo muscolare e compatto, senza fronzoli. Per Eriksen, il cui impiego si è dimostrato sbilancia la squadra aprendo squarci nella nostra mediana in cui gli avversari sono lesti a infilarsi, non c’è spazio. Ne consegue che quando la vittoria interista è in ghiaccio, Conte concede la possibilità ad Eriksen di guadagnarsi i suoi bonus. Può esserci anche la volontà di sferzarlo da parte di Conte, ma nessuna cattiveria.
Aggiungiamo che il mister di occasioni per guadagnarsi la titolarità al danese ne ha concesse diverse, ma sono state sprecate malamente dall’interessato. Si ha la sensazione che Christian pretenda di essere titolare fisso soltanto per il fatto di chiamarsi Eriksen e che, inoltre, pretenda dal mister che organizzi la squadra in modo da farla ruotare attorno a lui. Con tutto il rispetto, Eriksen non fa rima né con Pelé né con Maradona e nemmeno con Ronaldo e Messi. A tali Campionissimi non si può mai negare il posto “fisso” e il mister che ha la fortuna di poter beneficiare delle loro immense doti tecniche si deve Imporre di mettere la squadra al servizio del loro talento. Eriksen è un ottimo giocatore, ma non un Campionissimo prossimo a entrare nella Hall of Fame di tutti i tempi del Calcio mondiale. Da lui era lecito aspettarsi maggiore voglia di mettersi a disposizione del gruppo e maggior determinazione per guadagnarsi la stima del tecnico e il posto da titolare in squadra. Conte sapeva, evidentemente, che lo spirito di sacrificio e la voglia di sudare e lavorare per la squadra fanno difetto in Eriksen e per questo non lo aveva inserito nella lista dei suoi desideri di mercato consegnata ad Ausilio e Marotta.
Qui entra in ballo lo spietato cinismo di proprietà e dirigenza nerazzurra che si sono fatte ammaliare dalla possibilità di acquistare un top player a prezzo di saldo per poi speculare su un’eventuale, grossa, plusvalenza. Anche per questa operazione che aveva connotati più speculativi che sportivi, si è incrinato il rapporto tra Conte e i piani alti interisti. Il mister è stato ingaggiato per vincere trofei non per ingrossare la voce plusvalenze nel bilancio che, sicuramente, trarrebbe giovamento da vittorie di Scudetti e Coppe che, solitamente, portano a maggiori introiti. Proprietà e dirigenza interiste decidano se vogliono vedere una squadra di Campioni veri spietata in campo che vince trofei o se preferiscono essere spietati affaristi in continua battuta di caccia a speculazioni e plusvalenze.
Anche la tifoseria interista è chiamata a scegliere se essere sostenitrice, vera e appassionata, della sua squadra e del suo tecnico per spingerli verso conquiste di Scudetti e Coppe o essere una spietata e irriducibile nemica di un top manager cui non basta e non basterà mai vincere e convincere per via del suoi trascorsi juventini.
Noi abbiamo già scelto: gli spietati li vogliamo vedere con la maglia nerazzurra in campo per triturare (sportivamente) gli avversari e mietere trofei.
(La foto in apertura di servizio di Christian Eriksen è di Mattia Ozbot)
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