Miseria e Nobiltà – di Carlo Codazzi

In Primo Piano Nerazzurri

La sbornia del derby è passata e adesso all’Inter resta solo un gran mal di testa dopo il doppio Ko incassato in 4 giorni con Napoli e Lazio.

Un brusco risveglio da sogni di gloria che, certo, non sono del tutto evaporati. Qualche seria riflessione, però, la sconfitta subita all’Olimpico con la Lazio la impone. Abbiamo intitolato il nostro editoriale “Miseria e Nobiltà” e nella sconfitta subita a Roma ci sono, purtroppo, aspetti miseri. Precisiamo subito che la prestazione offerta da Lazio e Inter è stata assolutamente “nobile”, ma osserviamo come la vittoria biancoceleste sia stata accolta con entusiasmo da tutti i Media che hanno soffiato alle spalle della Lazio per tutta la settimana che ha preceduto il match.
C’era tanta voglia (in certi ambienti) di vedere l’Inter cadere per lasciare il passo al duello Lazio-Juventus. I Media contribuiscono a mettere pressione ed è difficile per chi veste la nostra maglia non avvertirla.

Un atteggiamento miserabile quello dei Media nazionali accompagnato dall’altrettanto miserabile arbitraggio di Rocchi che non ha feeling con la “Beneamata”. Il generoso rigore concesso da Rocchi alla Lazio per una presunta spinta di De Vrij ai danni di Immobile conferma la sua antipatia verso i nostri colori.

Spiace anche constatare che i Media abbiano oscurato completamente il fallo da rigore subito da Young da parte di Acerbi. Atteggiamento miserabile al pari di quello del Dr. Lotito che, pochi giorni prima del match con l’Inter, si è vantato di aver piazzato un suo uomo alla guida della Lega. Lotito sta assumendo “peso” nel “Palazzo” e, guarda caso, la Lazio sta godendo di un rigore abbondante a favore ogni 2 gare. In 24 turni vedersi concedere 14 penalty è un bel privilegio di cui non tutti possono vantarsi. Anche la Juve non ha certo di che lamentarsi dei direttori di gara.
Non stiamo fornendo alibi a Conte e ai ragazzi, stiamo analizzando fatti. I fatti dicono che non c’è uniformità da parte arbitrale e che episodi simili o uguali vengono trattati in modo differente con vantaggi procurati ad alcuni e torti ad altri. Un atteggiamento miserabile della classe arbitrale e del palazzo che toglie credibilità al nostro massimo torneo non nuovo a grandi scandali che ne hanno falsato in passato la regolarità. Ad esempio, se subiamo rigori con Atalanta e Lazio per una manina appoggiata blandamente da nostri difensori sulla schiena di un avversario perché non è successo altrettanto a nostro favore quando la mano di un difensore del Napoli è stata poggiata sulla schiena di D’Ambrosio, poi finito a terra, in area partenopea o quando Callejón ha rifilato una gomitata in faccia a Biraghi, nell’area napoletana?

A nostro parere, merita un approfondimento il fallo subito da Young in area laziale nel big match di Roma. L’esterno interista si è avventurato in dribbling in area biancoceleste, ha trovato l’opposizione di Acerbi che ha allungato la gamba destra sfiorando il pallone senza riuscire a spostarlo e a toglierlo dalla disponibilità di Young per poi, col piede, agganciare quello dell’avversario e sgambettarlo. Per noi questo è un rigore sacrosanto. Sommiamo queste “sviste” arbitrali dell’Olimpico a quelle subite a Lecce e col Cagliari e si può capire come la truppa di Conte possa cadere in atteggiamenti ansiosi. Inoltre, in buona parte delle partite giocate sin qui dall’Inter in Campionato abbiamo rilevato atteggiamenti arbitrali prevenuti con anomale distribuzione di cartellini e punizioni sempre a danno dei nerazzurri.

Lasciamo il misero atteggiamento della classe arbitrale per dissertare della mancanza di brillantezza di Brozović e soci che abbiamo ammirato, invece, ad inizio stagione. Su questo aspetto qualche appunto da muovere alla società e al nostro mister c’è. L’epidemia di infortuni che ha colpito l’Inter ha messo in evidenza una rosa ristretta e con carenza di giocatori di qualità. Quando Sensi si è fermato con la Juve sulla manovra offensiva nerazzurra si è fatto buio perché non c’era un sostituto all’altezza. Pure l’assenza di Handanovič con l’inserimento di Padelli tra i pali ha evidenziato una lacuna importante nel nostro roster. L’assenza del portiere sloveno ha tolto sicurezza alla squadra e ciò ha contribuito alla doppia sconfitta subita in 4 giorni. Spiace per Padelli, ma il primo goal della Lazio è nato dal tentativo di Škriniar di intercettare il pallone per rendere innocua la sua uscita di cui, evidentemente, non si fidava. Una cosa simile, per fortuna ininfluente, era accaduta anche nel primo tempo con De Vrij protagonista. La mancanza di un valido portiere di riserva, così come la cronica assenza di un cambio per Lukaku, sono da addebitare a scelte strategiche di mercato sbagliate perché rivolte a contenere gli esborsi.

Quando verrà ceduto definitivamente Icardi (ammesso che si riesca), i soldi che saranno incassati, immaginiamo, andranno a coprire la spesa sostenuta per Big Rom invece che essere sfruttati per acquisire altri top player.

Eriksen è stato preso perché il prezzo era da saldo e dopo un estenuante tiramolla sulla somma da riconoscere al Tottenham. Il Mister lo ha detto chiaro: “I soldi non ci sono, esce uno ed entra un altro”. Speriamo di sbagliarci, ma pensiamo che alla nostra proprietà spesso stia più a cuore il vantaggio commerciale che gli deriva dal possedere l’Inter che il risultato sportivo. Classificarsi al quarto posto o al primo pare non spostare granché nella nostra stanza dei bottoni, l’importante è accedere alla Champions League.

Quando Conte ha affermato, nel post match dell’Olimpico, che l’Inter non è una grande squadra e che manca di personalità più che i suoi giocatori aveva nel mirino le scelte di mercato societarie. Conte voleva fortemente Vidal (oltre a Dzeko), ma gli hanno preso Eriksen. Il mister ha totale fiducia nel cileno che conosce perfettamente e che rappresenta il profilo giusto, a suo avviso, per essere il leader che trascina il gruppo nei momenti di difficoltà. Ricordate lo sfogo di Dortmund? Lui voleva Vidal e Dzeko perché hanno già vinto e, dall’alto della loro età matura, ritiene siano in grado di tenere dritta la barca in mezzo alla tempesta. Caratteristiche che, forse, il mister non vede nel fuoriclasse danese. Da qui una sorta di ripicca del tecnico pugliese che stenta ad impiegare Eriksen dal 1’ con la motivazione che non sarebbe ancora entrato nella parte che ha studiato per lui. Sbaglieremo forse, ma a noi il gioco adottato da Conte non pare matematica quantistica e pensiamo sia assolutamente comprensibile per un Campione del calibro di Christian Eriksen. Questa ripicca del nostro allenatore nei confronti dei piani alti interisti ci pare “miserina” e rischia di compromettere il nostro finale di stagione. Prima di Lazio-Inter, Marotta ha dichiarato che Eriksen è pronto per giocare in serie A dal primo minuto, aggiungendo che, comunque, le scelte spettano al tecnico. Quest’ultimo ha replicato che non vede perché deve forzatamente inserire il danese considerato che i bei risultati dell’Inter sono stati ottenuti senza di lui. Chiaro il messaggio no?
Eriksen pare il sostituto perfetto di Sensi con una qualità ancora maggiore, ma Conte, finora, ha preferito accomodarlo in panchina. Scelta discutibile perché non sempre la LuLa può risolvere i problemi, soprattutto ora che Lautaro ha la testa rivolta più a Barcellona e Madrid che ad Appiano Gentile.

Il momento attuale dell’Inter è complicato ed è nelle difficoltà che il grande allenatore deve sapersi inventare qualcosa per superarle.

In tema di “Miseria e Nobiltà” restare aggrappati a un solo credo tattico è più da tecnico misero che da grande mister.

Per carità, Conte è stato il valore aggiunto fino a questo momento, ma ora deve cambiare spartito per far ripartire di slancio la sua creatura. Bisogna adattare lo schema tattico alla rosa che si ha disposizione e non viceversa. Se la difesa a 3 la regge bene il solo De Vrij e si ha la disponibilità di due esterni importanti quali Young e Moses perché non passare a 4 dietro? Lo schema 4-3-1-2 potrebbe privilegiare la classe di Eriksen nel suo ruolo preferito di trequartista. Se proprio la difesa a 4 non convince Conte perché non variare passando al 3-4-1-2? Sapersi correggere è un atteggiamento nobile, incaponirsi è miserevole. Certo, in Italia siamo tutti allenatori, però, il Calcio non è una scienza così impenetrabile e anche i “profani”, talvolta, possono fare osservazioni sensate.

Chiudiamo la nostra lunga dissertazione osservando che un club che vuole essere vincente e nobile deve contrastare le malevoli “vocine” di mercato che creano distrazione alla truppa. Nella settimana in cui il “Toro” rientrava dalla squalifica, i media hanno pompato il presunto interesse di Real e Barcellona verso il puntero argentino entrando anche nei dettagli dell’eventuale affare. Marotta ha abbozzato affermando che sono i giocatori a scegliere se restare o andare. Affermazione misera non degna di un grande dirigente che, a costo di tramutarsi in Pinocchio, ha il dovere di smentire seccamente voci simili e di dichiarare l’assoluta incedibilità dei propri gioielli. Un grande club non cede i propri Campioni, ne va a cercare altri. Si tratta di scegliere se si vuole entrare nella ristretta cerchia delle formazioni nobili del Calcio europeo o se si vuole restare nel mucchio delle società misere e di basso profilo. Aggiungiamo che pure noi, come Conte, ci chiediamo perché certe voci escono sempre sull’Inter e non su altre società. Nemici esterni sì, ma forse anche interni. Davvero miserabili questi ultimi.

Il confine tra miseria e nobiltà a volte può essere sottile, così come è sottile il confine tra vittoria e sconfitta.

Sulla nobiltà del “Palazzo” del Calcio non scommetteremmo un centesimo, ma ci aspettiamo che tutte le componenti dell’Inter aspirino a essere nobili. Di sicuro i tifosi interisti che riempiono sempre San Siro dimostrano assoluta nobiltà. Dopo otto stagioni magre, vogliamo lasciare la miseria ad altri ed entrare nell’Élite “nobile” del Calcio nazionale e internazionale.

Miseria e Nobiltà, scegliamo la seconda.

(Le foto di questo servizio sono di Mattia Ozbot)

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