La spremuta – Di Carlo Codazzi

In Primo Piano Nerazzurri

L’onda dell’effetto derby si è infranta sul muro azzurro eretto da Rino Gattuso e l’Inter è finita Ko nel primo round della Semifinale di Coppa Italia.

Si sperava nell’onda lunga della travolgente rimonta del secondo tempo del derby che tanto ci ha entusiasmato, ma l’onda è stata breve ed è durata solo tre giorni. Un vero peccato perché la Coppa Italia è un obiettivo importante per un club come l’Inter che è a digiuno di successi dal lontano 2011. Nove stagioni senza mettere trofei in bacheca sono un’eternità e raggiungere la Finale della coppa nazionale è fondamentale per giocarsi la concreta possibilità di mettere le mani su un trofeo e stoppare il lungo digiuno.

Nella storia della “Beneamata” la vittoria della Coppa Italia ha aperto la strada a trionfi più prestigiosi e la si può, quindi, considerare un viatico beneaugurante per un ciclo vincente. I tifosi più maturi ricorderanno che lo scudetto 1980, vinto con Eugenio Bersellini sulla panchina nerazzurra, ha avuto come prologo la conquista della Coppa Italia nel ’78 (il compianto Eugenio ne conquistò un’altra alla guida dell’Inter nel 1982 chiudendo così al meglio il suo quinquennio interista).
Il meraviglioso ciclo che portò l’Inter a vincere 15 trofei in 7 stagioni ebbe il La con il trionfo nella coppa tricolore del 2005 che vide la Roma superata nella doppia Finale (2 a 0 all’Olimpico, 1 a 0 a San Siro) dalla truppa nerazzurra di Roberto Mancini. A chiudere quelle stupende annate in cui Mancini e Mourinho si alternarono sulla nostra panchina fu proprio la vittoria della Coppa Italia 2011 a spese del Palermo (battuto 3 a 1 all’Olimpico con doppietta di Eto’ e rete finale de “Il Principe” Milito). In assoluto quella coppa è l’ultimo “titulo”(per dirla alla Mourinho) conquistato dall’Inter. Insomma, la Coppa Italia ha segnato profondamente la storia interista e vorremmo che fosse di nuovo la prima pietra su cui erigere una piramide di trionfi.

Il primo round di Semifinale, però, non ha avuto un esito favorevole e la Finale della seconda competizione nazionale è ora più lontana per i nerazzurri.
I giochi non sono del tutto chiusi, ma si corre in salita considerato anche che tre giorni prima del ritorno col Napoli l’Inter affronterà la Juve, nella sua tana, in un match che scriverà una pagina fondamentale dello sprint scudetto. Il rischio che i nostri ragazzi si debbano giocare l’ingresso in Finale di Coppa Italia di nuovo spremuti di energie fisiche e nervose è alto.
Proprio questo è accaduto lo scorso mercoledì nella Semifinale con gli azzurri partenopei: l’Inter era “spremuta” dopo il pazzesco sforzo fatto per ribaltare lo 0 a 2 del primo tempo del derby. Con la spia della riserva accesa la Conti-Band ha affrontato il Napoli ad andamento lento. Andamento davvero lentissimo che ha agevolato il piano tattico di Gattuso che ha schierato i suoi col 4-5-1 piazzando tutti gli effettivi dietro la linea della palla quando questa era in possesso dei nerazzurri. Mertens su Brozovic con Demme in raddoppio sul croato la mossa di Ringhio che ha soffocato l’avvio di manovra dell’Inter e con Sensi lontano dai suoi abituali standard il gioco per gli ospiti è stato facile. Con le fasce intasate e con una circolazione di palla lenta e spesso in orizzontale era difficile creare pericoli alla porta partenopea. “Primo non prenderle” l’umile e pratico piano tattico di Gattuso che sperava di approfittare in ripartenza di qualche errore interista per piazzare il colpo. E il colpo l’ha piazzato con Fabián Ruiz al 57’. Troppo molle l’opposizione di Sensi e Brozović al limite dell’area nerazzurra, così, Ruiz ha potuto liberare un sinistro potente che, incocciando su un tallone di D’Ambrosio, è risultato imprendibile per Padelli (parso ancora insicuro come nel derby). Un paio di sue uscite a vuoto nel primo parziale hanno messo i brividi ai 60.000 del Meazza. L’ingresso tardivo di Eriksen sul terreno di gioco ha completato la frittata e la sconfitta è diventata una dura realtà.

Premesso che il Napoli è una formazione di grande spessore data per favorita, alla vigilia della stagione, assieme alla Juve, per la conquista dello Scudetto oltre che essere l’unica squadra finora ad aver battuto i Campioni d’Europa del Liverpool, il ko lascia amarezza e alcuni interrogativi non secondari.

L’Inter è attrezzata per lottare su tre fronti (Campionato, Coppa Italia, Europa League)? La rosa interista ha raggiunto in tutti i suoi elementi la mentalità vincente? La truppa di Conte è in grado di gestire a 180 gradi le partite?

A noi pare che l’Inter vista con il Napoli fosse molto simile a una spremuta. Proprio come un’arancia spremuta era completamente svuotata e della bella squadra ammirata nella ripresa del derby era rimasta solo la buccia senza polpa e succo. Questo nonostante fossero stati inseriti dall’inizio del match 5 giocatori nuovi rispetto all’undici partito titolare nella stracittadina. Evidentemente, lo stress mentale del derby ha coinvolto anche chi ha vissuto al sfida con i rossoneri dalla panchina o dalla tribuna (Lautaro) e questo ci sussurra che l’Inter attuale non regge grandi confronti a distanza ravvicinata come si è notato in autunno quando in mezzo alla settimana c’erano gli impegni di Champions.

Un limite importante.

Il basso rendimento in stagione di un elemento del calibro di Škriniar e quello altalenante di Brozović e Vecino, tanto per fare alcuni esempi, ovvero, giocatori presenti anche nelle ultime due precedenti stagioni nel roster interista, suggeriscono che la durezza mentale per stare sempre sul pezzo non ha trovato casa in tutto lo spogliatoio della truppa contiana. Il mister è sì sempre sul pezzo, ma alcuni dei suoi hanno ancora la tendenza, sgradevole, di allentare un po’ la presa. La partita con il Napoli ha evidenziato anche un’altra lacuna nerazzurra: i nostri non riescono ad adottare la modalità “gestione”. L’Inter viaggiava a ritmi bassi, lasciando trasparire che non avrebbe disdegnato lo 0 a 0 finale (non incassare goal in casa in sfide su 180’ è fondamentale) da raggiungere con la gestione della gara, ma non ci è riuscita come successo a Firenze, a Lecce, col Cagliari a San Siro e in Champions a Barcellona e Dortmund. In alcune di queste partite gli arbitri ci hanno messo lo zampino, ma la sensazione è che l’Inter di Conte debba sempre tirare al massimo per tutti i 95’ o sono dolori. Inoltre, per essere in grado di lottare fino in fondo a tre competizioni serve una rosa larga e di qualità, ma la “Beneamata” continua a perdere pezzi (out pure Handanovič ed Esposito) e non può usufruire di un adeguato turnover.

La decisione della proprietà interista di non acquisire sul mercato un centravanti che potesse far respirare Lukaku è stata una scelta infelice. Poco comprensibili anche le remore tattiche avanzate da Conte riguardo l’inserimento di Eriksen che quando è entrato in campo contro il Napoli ha subito illuminato la spenta manovra nerazzurra con la sua classe. L’inserimento del “Principe” danese non può attendere oltre o si rischia di compromettere l’obiettivo di vincere finalmente qualcosa.

Ora (dopo essere usciti sconfitti anche dalla partita con la Lazio) si andrà in Bulgaria per la sfida al Ludogoretz, poi, Sampdoria in casa, ritorno con i bulgari e “Derby d’Italia” allo “Stadium” prima del ritorno di Coppa Italia con i partenopei.
Siamo alla resa dei conti.

Ci affidiamo alla bravura del nostro mister che dovrà studiare il modo di alternare i suoi uomini e gli schemi di gioco senza far perdere giri al motore della sua creatura. Dovrà inventarsi qualcosa quando il ritmo elevato e l’intensità verranno meno e necessiterà qualità che è l’ unico antidoto alla mancanza di energie. La qualità è sinonimo di Christian Eriksen acquistato proprio per alzare il livello tecnico dell’Inter e la sua capacità di competere ad alti livelli. Serve Eriksen per ovviare alle spremute. Ci piacciono quelle d’arancio non quelle nerazzurre.

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