Una sconfitta che non fa male. O, perlomeno, fa meno male di altre. Perdere contro la Juventus non è mai piacevole, si sa, però c’è sconfitta e sconfitta.
C’era molta attesa per la super sfida di San Siro: l’Inter prima a punteggio pieno (sei vittorie in sei partite), la Juve due punti dietro. Antonio Conte sulla panchina nerazzurra dopo una vita in bianconero, la possibilità, in caso di vittoria, di dare una spallata importante (non decisiva, siamo solo all’inizio) alla dominatrice degli ultimi otto Campionati. Tutti ingredienti che rendevano il “Derby d’Italia” ancora più straordinario di quanto non lo sia storicamente.
L’Inter non ha assolutamente sfigurato al cospetto di una squadra oggettivamente più forte: ha giocato un ottimo primo tempo, recuperando il goal di Dybala dopo appena quattro minuti, pareggiato dal rigore di Martinez. A fare la differenza poi sono stati gli organici delle due squadre. L’uscita di Sensi per infortunio e di Godin, hanno penalizzato pesantemente l’Inter, che non è più riuscita a dare continuità al proprio gioco. Al contrario, i cambi di Sarri hanno deciso il match, soprattutto Gonzalo Higuain (che la Juve ha cercato inutilmente di scaricare in estate), è stato decisivo siglando il goal vittoria. La Juventus ha confermato di essere superiore all’Inter.
Conte non ha la bacchetta magica, non si cancella un gap di oltre venti punti in un attimo. Ma la prestazione dei nerazzurri rimane buona, considerando anche le energie fisiche e nervose lasciate mercoledì sul prato del Camp Nou.
La crescita tecnica e caratteriale, passa anche e soprattutto da sconfitte come questa. Conte ha già fatto un ottimo lavoro, ne servirà ancora molto e serviranno in futuro altri giocatori per ampliare una rosa ancora troppo corta per competere a certi livelli.
Ora la sosta, con l’obbiettivo non di dimenticare, ma di continuare come se nulla fosse accaduto, perché una sconfitta non può cambiare quanto di buono fatto fino a questo momento.
(La foto in apertura è di #MattiaOzbot)