Sappiamo tutti benissimo quanto l’Inter sia la squadra più imprevedibile al mondo!
Un club mai sceso nel girone degli inferi, che ha realizzato un sogno ambito da tanti, quello del “Triplete”, che ha avuto un allenatore autodimesso la sera stessa dopo una vittoriosa Finale di Champions, una squadra che può vantare un legittimo scudetto riassegnato a causa delle porcherie di altri, che vince lo scudetto dei Record con il conservatore Trapattoni proprio nel periodo storico in cui sembrava esistere solo il gioco sconvolgente dei nuovi “guru” alla Sacchi, che determina giurisprudenza calcistica con l’Avvocato Prisco e il “caso della lattina a Boninsegna”, che riempie sempre San Siro nonostante questi ultimi anni di “vacche magre”. Insomma, potrei andare avanti con tanto altro…
Pure la canzone lo ripete “Pazza Inter amala…”, perché non è un caso che all’Inter sia accostata una sana dose di imprevedibilità (è veramente pazzia?) e che soprattutto la parola “progettualità” venga quasi sempre e illogicamente accantonata all’inizio di ogni stagione.
Mi spiego meglio.
Dopo l’interregno di Mancini che non fece bene a livello sportivo (mai più minestre riscaldate!) ma tesse un minimo di intelaiatura della squadra, si passò in corso d’opera, al pragmatismo di Pioli (lasciamo perdere De Boer…). Con l’avvento di Spalletti si ebbe una chiara strategia: nel primo anno, recuperare in quei momenti difficili tutti i profili della squadra utili alla causa (penso ai vari Nagatomo, Ranocchia e Santon), far confluire tutto il gioco su Icardi avendo ereditato appunto una squadra Icardidipendente e operato una campagna acquisti pressoché nulla, per poi nel secondo anno sviluppare un gioco più nelle corde del tecnico di Certaldo con nuovi acquisti e con un 4-2-3-1 vero, dove i tre dietro alla punta centrale potessero essere giocatori di inserimento votati al tiro, e soprattutto, in contemporanea, la lenta dismissione del ruolo centrale di Icardi con un giocatore più di movimento, come Lautaro, garante degli inserimenti fluidi dei compagni arretrati. Insomma cominciare a creare una alternativa di gioco, che rendesse meno prevedibile il gioco sempre imperniato da anni sugli stessi meccanismi icardiani.
Sappiamo poi come sono andate le cose con Icardi e con l’avvento di Marotta ci ritroviamo ora davanti a un bivio importante. Proseguire con Spalletti, conferendogli fiducia e attendere una terza stagione con una squadra già comunque ben delineata e da rinforzare con almeno tre giocatori nuovi e di qualità, oppure sradicare con l’ipotetico arrivo di Antonio Conte tutta l’impostazione di questi ultimi anni provocando uno tsunami tattico con l’aggravante ipotetica di mezza squadra nuova da assemblare?
Anche perché poi, a questo punto, qualche domanda è lecita! Siamo sicuri che l’arrivo di Conte garantirebbe una vittoria in campionato? Suning è così pronta ad aprire i cordoni della borsa per soddisfare le richieste del nuovo tecnico? Quanti giocatori verrebbero messi in discussione dell’attuale rosa e soprattutto quanti ne vorrebbe Conte? Siamo sicuri che, tra un anno e dopo una stagione del sergente di ferro e acclarato motivatore Conte, la squadra non sia già cotta e distrutta (ricordiamoci come andò con Juve e Chelsea…)? È giusto cambiare allenatore, quando per la prossima stagione sono sbandierati ai quattro venti importanti scompaginamenti strutturali per Milan e Roma, la stessa Juventus dovrà cambiare molto e il Napoli dovrà fare una importante campagna acquisti (se poi la farà veramente?).
Per questo affermo che la parola “progettualità” è opportunamente evitata nell’ambiente nerazzurro!
Personalmente la migliore soluzione è quella di essere conservativi e di proseguire con l’attuale tecnico, garantendogli però un calciomercato di grande qualità. Anche perché con questa Juventus, sia con Spalletti che Conte rischi veramente di arrivare ugualmente secondo.
Tra una anno magari ne riparliamo.
Fulvio Floridia
(La foto in apertura di servizio è di Mattia Ozbot)
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