Da oggi nelle librerie il nuovo libro sull’Inter di Eugenio Bersellini. Venerdì sarà presentato a “Tempo di Libri”, la grande manifestazione che si apre giovedì 8 Marzo (giornata che sarà dedicata alle donne) a Fieramilanocity. Andrea Mercurio è un Autore radiotelevisivo, speaker e conduttore, scrittore, copy, musicista e producer. Ha collaborato con i network radiofonici più importanti, come Autore comico e battutista. Ha scritto libri con Edizioni Piemme e GIUNTI Editore. Sul Calcio è Autore con “Totò Schillaci” del suo romanzo biografico, intitolato: “IL GOL È TUTTO”. Come musicista ha collaborato con vari artisti, tra cui Toto Cutugno e Ornella Vanoni. Altre info su: andreamercurio.it
La firma di queste pagine nerazzurre è sua, di Andrea Mercurio, anche se i nomi che appaiono in copertina sono quelli dei giocatori che si sono confessati; il prodotto è un nuovo libro su Eugenio Bersellini, “Il Sergente di Ferro” e sulla sua Inter: “L’Inter Operaia”. Un volume che segue quello del Professor Gaudenzio Anselmetti, che, però, è un volumone che, pur raccontando riccamente la storia di quel quinquennio meraviglioso (1977-1982) della storia del F.C. Internazionale Milano, approfondisce atmosfere di quegli anni, scendendo nell’intimo e nell’intimità dell’Autore: nei suoi gusti, nelle sue passioni. In questo nuovo libro, invece – che sarà presentato a “Tempo di Libri” (Fieramilanocity) il 9 Marzo, 110° Anniversario dell’Inter (e presente in libreria da oggi 6 Marzo) – tornano in campo quattro protagonisti di quella storica compagine: il Campione del Mondo (con la Nazionale Italiana nel 1982) Alessandro Altobelli, per il suo fisico soprannominato “Spillo”, centravanti di quell’Inter; Giuseppe Baresi; Evaristo Beccalossi e Carletto Muraro.
I ricordi questa volta sono i loro…
hashtaginter.it: Come e quando nasce questo libro?
Andrea Mercurio: L’idea nacque circa un anno fa. Giuseppe Dello Russo, interista, ma, curiosamente, collaboratore del Milan come Osservatore, suggerisce al suo amico Carlo Muraro di scrivere un libro e lo mette in contatto con me. Incontro Carlo, facciamo qualche colazione insieme e, mentre cerchiamo la chiave per raccontare la “sua Inter”, tira fuori la chat di WhatsApp che ha con i suoi ex compagni. Eccola, la chiave. I ragazzi di Bersellini accettano di raccontarsi e raccontare la loro Inter.
hashtaginter.it: Altobelli, Baresi, Beccalossi e Muraro, perché loro?
Andrea Mercurio: Sono la fotografia di quella squadra e di quegli anni, portatori dei valori che trasmetteva: Altobelli viveva per il goal in qualunque partita, dalla Finale dei Mondiali all’amichevole infrasettimanale con la Primavera. È ancora il giocatore ad aver segnato il maggior numero di goal nella storia della Coppa Italia (ed è secondo tra gli interisti di sempre). Baresi: uno che in vent’anni non è mai stato espulso, come Carlo Muraro. Dediti al lavoro, al sacrificio, per il bene della squadra, ma sempre corretti. Il Becca… Bé, non è un caso che gli abbiano dedicato canzoni (Enrico Ruggeri) e pièce teatrali (Paolo Rossi). È la faccia dell’Inter di quegli anni.
Oltre a loro, però, bisogna citare gli altri autori-giocatori, che non sono in copertina: Bordon e Marini (Campioni del Mondo nell’82), Bini, Canuti, Pasinato, Occhipinti, Scanziani, Silvano Fontolan.
hashtaginter.it: Questi quattro indimenticabili Campioni raccontano anche “inediti”? Episodi o “chicche” loro o dei compagni di squadra?
Andrea Mercurio: Tutto il libro, praticamente, è un insieme di inediti, perché racconta la vita dei ragazzi nella segretezza degli interminabili ritiri Berselliniani. Non c’erano “social”, non c’erano telefonini. Quello che accadeva restava là, fino a che, tra una cena e l’altra, qualcuno li ha trascritti in un libro.
Alcuni episodi, addirittura, non erano noti neppure a tutto il gruppo, ma solo a chi li ha raccontati. Ce n’è uno, ad esempio, che conoscevano solo Marini e Oriali e che riassume valori di un allenatore come Bersellini, che lo sono diventati anche per i giocatori. Valori di cui il Calcio e la società di oggi avrebbe ancora tanto bisogno.
hashtaginter.it: Può svelarci una piccola anticipazione? Qualche riga del suo libro…
Andrea Mercurio: Ero in prima fila con Oriali – racconta Marini mentre rievoca una corsa tra i boschi nel ritiro estivo – dietro il mister. I piedi mi facevano un male cane. Tutto quel su e giù mi aveva fatto venire le vesciche.
“Lele, non ce la faccio. Io mollo”.
Un attimo dopo, però, lo sguardo ci cadde suoi piedi del mister che mi correva davanti. Le sue scarpe erano tagliate (…) in prossimità del tallone, rendendo visibili i calzini impregnati di sangue.
“Se ce la fa lui”, mi incoraggiò Oriali, “ce la fai anche tu”.
piece così che siamo diventati campioni d’Italia e, in qualche caso, campioni del mondo. È così che siamo diventati uomini.
hashtaginter.it: Cosa, ancora, troverà il tifoso nerazzurro leggendo queste pagine?
Andrea Mercurio: La coesione di un gruppo che fa scuola non solo nello sport, ma nelle aziende, nelle famiglie, in qualunque contesto dove ci sia una pluralità di persone unite da un fine comune. A cementarlo, hanno contribuito anche le mille goliardate e gli scherzi fatti tra compagni, raccontati nel libro.
hashtaginter.it: Eugenio Bersellini era “Il Sergente di Ferro”, ma sappiamo che sapeva essere buono e comprensivo come un papà. È un aspetto che emerge anche dai ricordi dei quattro protagonisti di questa storia?
Andrea Mercurio: Assolutamente sì. Oltre all’episodio raccontato da Marini ce ne sono molti altri, nei quali Beccalossi, Altobelli e gli altri rievocano situazioni nelle quali “Il Tiger” è stato capace di essere anche un amorevole micio.
hashtaginter.it: Negli anni dell’Inter di Bersellini (più precisamente nel 1980) vi fu lo scandalo del “Calcioscommesse” o “Totonero”. I giocatori nerazzurri, i suoi “ragazzi”, come li chiamava il mister, ne rimasero fuori. Completamente puliti. Nell’ambiente è forte la memoria e la convinzione che questo fu merito, specialmente, di Bersellini; capì l’aria che tirava, tenne sotto controllo i suoi giocatori, li sottopose a continui colloqui paterni… Interrogandoli, consigliandoli, avvisandoli. Lei cosa conosce in merito?
Andrea Mercurio: I ritiri. I ragazzi vivevano alla Pinetina, dove andavano il venerdì e, se c’era la Coppa (praticamente fino ad Aprile), tornavano a casa il giovedì. Non era possibile essere soggetti alle tentazioni in cui caddero i colleghi delle altre squadre, come Albertosi e Paolo Rossi. Inoltre, Fraizzoli, con Bersellini, li educava al rispetto e al rigore morale. A nessuno di loro, cresciuto con la forza della legalità, sarebbe mai venuto in mente di combinare il risultato di una partita. Anche perché, motivo principale della loro esclusione dai fatti di cronaca, erano tutti davvero innamorati dei colori nerazzurri. E quando sei innamorato non tradisci.
hashtaginter.it: Era l’Inter del “Vermisö” (come definì il Presidente Ivanoe Fraizzoli il Biscione stilizzato di quegli anni). L’inno ufficiale era “Inter Alé” e San Siro cantava: “Inter, Campione! Per tutti una lezione!”. Con Bersellini subito la Coppa Italia (che mancava nella bacheca dal 1939, 39 anni); al terzo anno il Campionato (come promesso dal programma); ancora la Coppa Italia in chiusura del quinquennio… Perché la società non spinse per essere più forti in Europa o, in ogni caso, per proseguire il cammino sino a quel momento percorso?
Andrea Mercurio: Questo è il grande cruccio della squadra. Erano così forti che avrebbero potuto aprire un ciclo. Dopo lo scudetto, sarebbe stato necessario solo qualche innesto in più richiesto da Bersellini, che però non fu accontentato. Arrivò Prohaska, invece, a scardinare gli equilibri dell’unico reparto che non aveva bisogno di rinforzi. Oriali, Marini, Pasinato, Beccalossi. Uno di loro, a turno, doveva stare fuori, perché lo “straniero” doveva giocare per forza. E poi arrivò qualcuno dalla C2. Per fare la Coppa Campioni (quella vera, quella di una volta) prendi giocatori della C2?
Nonostante questo, l’Inter arrivò in Semifinale di Coppa dei Campioni, giocandosela fino alla fine col Real Madrid.
L’Inter, purtroppo, non era solo la squadra, Bersellini e Fraizzoli. Questo, sia chiaro, è un pensiero mio, non dei ragazzi. È quello che ho intuito io dai loro racconti, facendomi un’opinione personale e poco lusinghiera di alcuni Dirigenti. C’erano altre persone che hanno impedito di farla entrare nella storia del Calcio europeo. Basti pensare a come hanno gestito l’acquisto di Platini, già tesserato per l’Inter e poi lasciato alla Juve. Già, Platini… Si parla anche di questo.
hashtaginter.it: I tifosi interisti non amano particolarmente la Nazionale Italiana. Peccato, perché i Mondaili vinti sono anche quelli di Allemandi, Castellazzi, Desmaria, Meazza, Ferrari, Ferraris, Locatelli, Olmi, Altobelli, Bergomi, Bordon, Oriali, Marini, Materazzi… La colpa se l’addossano due giocatori: Armando Picchi (Capitano della “Grande Inter” di Angiolino Moratti ed Herrera) e proprio Evaristo Beccalossi. Perché secondo lei non gli fu data mai nemmeno una chance?
Andrea Mercurio: Beccalossi, nel Calcio di oggi, sarebbe titolare inamovibile della Nazionale. Allora la concorrenza raggiungeva livelli stellari. C’era gente come Conti, Tardelli, Antognoni. Non potevi permetterti di avere, come racconta il Becca parlando di sè, la “testa dispari”.
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