Intervista a Michele Borrelli – Di Pierluigi Arcidiacono

In Primo Piano


Anno nuovo, vita nuova. Così è anche per hashtaginter.it, che ai propri lettori e tifosi nerazzurri si presenta nel 2018 completamente rinnovato. Chi c’è oggi in primo piano sul nostro periodico telematico? Un amico da molti anni: Michele Borrelli, giornalista professionista da un decennio: praticantato svolto alla Scuola di Giornalismo dell’Università Cattolica di Milano (2006-2008). A Inter Channel nel 2007, poi, a più riprese, a Sky Sport 24 dal 2008 al 2010; inviato per HBS ai Campionati del Mondo di Calcio in Sudafrica. Dal 2010 ha abbracciato il progetto di un canale in chiaro dedicato ai tifosi dell’Inter, fino al 2014 InterTV, poi Web TV dal 2015 (dal 2017 diventato InterFanTV; visibile su YouTube e Facebook. Prima Vicedirettore dal 2011, poi Direttore dal 2012, infine, Editore del progetto Web dal 2015 e dal 2017 in collaborazione con fcinternews.it. Michele Borrelli è anche ospite in diverse emittenti televisioni e radio; dal 2015 è settimanalmente a 7 Gold.

#INTER: Soltanto un mese fa (circa), prima di Inter-Udinese, i nerazzurri (giocatori e tifosi) cantavano sereni “Inter Bells”. Poi, in campo si sono trasformati in tanti Babbo Natale regalando 6 punti alle avversarie: prima perdendo a San Siro proprio con l’Udinese, poi, a Reggio Emilia con il Sassuolo. Purtroppo sono seguite la sconfitta nel derby di Coppa Italia e i pareggi in Campionato con la Lazio e con la Fiorentina… Cosa è accaduto? C’è crisi?

M. Borrelli: Con Udinese e Sassuolo, in effetti, l’Inter un po’ di regali li ha fatti: i due errori di Santon costati due goal con i bianconeri rigenerati da Oddo e almeno tre goal clamorosi, compreso il rigore, sbagliati da Icardi (non da lui) con il Sassuolo. Sono così arrivate le prime e uniche due sconfitte in Campionato nelle prime venti giornate. Certo, affrontare l’Udinese di Oddo o quella di Delneri, il Sassuolo di Iachini o quello di Bucchi, non è proprio la stessa storia. Aggiungiamoci quegli errori individuali, un calo fisiologico di un paio di giocatori che erano stati finora decisivi, come Perisic e Vecino, le lacune caratteriali dei presunti trequartisti (Brozović e Joao Mario) che non hanno permesso di avere varianti efficaci al gioco offensivo sugli esterni e, infine, quella componente psicologica più volte sottolineata da Spalletti e la “crisetta” è servita: alcuni giocatori senza grande personalità, che hanno vissuto periodi negativi nel passato, quando le cose vanno male iniziano a pensare inconsciamente che non ci sia rimedio e che la sconfitta arriverà inevitabile. Sono fantasmi e retaggi di anni tra continui alti e bassi, che si combattono e sconfiggono solo con una ritrovata stabilità di guida tecnica e societaria, cosa che l’Inter sta lentamente riacquisendo con l’arrivo di Zhang, Sabatini e Spalletti.

#INTER: Così, però, arrivati (come si dice a Milano) a mangiare il panettone i tifosi nerazzurri lo hanno gustato con un po’ di tristezza. Ora, terminata la pausa, c’è la Roma al “Meazza” che non sembra poi così forte come la descrivono i Media…

M. Borrelli: Eh sì, l’Italia ha ritrovato il Calcio tra Natale e Capodanno, ma per l’Inter sarebbe stato meglio fermarsi dopo l’Udinese. Soprattutto Sassuolo e Milan hanno fatto male, perché quella contro i neroverdi sarebbe potuta essere la partita del riscatto immediato, ma l’azione grottesca del goal subito da Falcinelli e le tante occasioni sprecate hanno dato il via ai “cattivi pensieri” e il derby è stato frustrante in quanto la paura di perdere e il calo fisico hanno regalato una soddisfazione a una squadra, quella di Gattuso, che definire tale è un grande complimento! Senza contare che era l’unico trofeo che l’Inter avrebbe seriamente potuto inseguire in questa stagione.

Dopo la sosta arriva la Roma, piena di giocatori che sanno decidere le partite con una giocata: Kolarov, Nainggolan, Perotti, Džeko, lo stesso Schick, ma che paradossalmente sta facendo molto meglio in fase difensiva che in quella offensiva, un po’ per aver cambiato spartito da Spalletti a Di Francesco, e il gioco è meno fluido, un po’ perché Džeko non è stato finora il marcatore spietato della scorsa stagione e infine perché avere o non avere Salah non è proprio indifferente. Chiedere al Liverpool per conferme. Per l’Inter potrebbe essere un’occasione per chiudere la serie negativa e tenere la Roma a distanza, ritrovando qualche giocatore che nelle ultime partite era infortunato o fuori forma. Anche un pareggio non sarebbe da buttare, considerando che poi in cinque giornate l’Inter avrà Crotone, Bologna e Benevento in casa, Spal e Genoa fuori.

#INTER: Secondo lei Suning – al di là dell’ufficialità discreta – porterà qualche regalo a mister Spalletti e ai tifosi dell’Inter? E quali sono, sempre secondo il suo parere, i ruoli che andrebbero rinforzati?

M. Borrelli: Qualche rinforzo sicuramente arriverà. Lisandro Lopez è il difensore che è arrivato a completare il reparto, il quarto centrale che non arrivò a fine Agosto, avendo poi deciso di promuovere il promettentissimo Vanheusden, che però si è rotto i legamenti a Settembre. E poi qualcosa bisogna fare sulla trequarti, la principale lacuna evidenziata in queste prime venti giornate, dove Brozović e Joao Mario non si stanno confermando all’altezza, per continuità di rendimento, per carattere o mancanza di personalità a ricoprire un ruolo nevralgico nel 4-2-3-1, considerando che gli esterni dell’Inter sono grandi atleti o quasi “maratoneti”, come Perisic e Candreva, ma peccano in fantasia e imprevedibilità.

Borja Valero è più utile davanti alla difesa per far partire l’azione in modo “pulito” e, quindi, serve un giocatore che attacchi meglio l’area avversaria e che sappia inserirsi e provi di più anche il tiro da fuori. Per le capacità di inserimento e la grande esperienza e personalità sicuramente Ramires dello Jiangsu, ex Chelsea, potrebbe dare qualcosa in più al centrocampo e sarebbe un titolare nell’Inter di oggi, probabilmente a scapito di Gagliardini, insieme a Vecino e Borja Valero. L’altro giocatore che potrebbe arrivare è Rafinha del Barcellona, che potrebbe dare, se recuperato fisicamente, quell’imprevedibilità che manca sia sulla trequarti che come alternativa a destra. Infine, sono tante le ali che potrebbero dare un cambio a Candreva e Perisic, da Gaitan (se avrà il passaporto comunitario in caso di arrivo di Ramires) a Carrasco dell’Atletico Madrid, da Correa a Deulofeu, ma bisogna ricordare che l’Inter ha solo due posti in lista per gli over 21, quindi, se ne arrivano tre, ne deve partire uno e così via. E che si possono prendere solo con la formula del prestito, salvo cessioni impreviste che portino subito plusvalenze, perché l’Inter deve chiudere il bilancio in pareggio il prossimo Giugno. I maggiori indiziati restano Joao Mario in prestito o Brozović. Più difficili le partenze di Éder o Candreva già a Gennaio, ma durante il mercato vale il “mai dire mai”.

#INTER: Dopo il pareggio di Firenze ormai è incontestabile: questa Inter è Icardi dipendente?

M. Borrelli: Più di qualche interista ama discutere Icardi, non sono un appassionato del genere, ritenendo più vero che l’Inter debba guadagnarsi Icardi per il futuro che non il contrario. Resta il fatto che tutte le squadre siano dipendenti dai propri migliori giocatori, ancora di più se attaccanti: Higuaín e Dybala, Dzeko, Immobile, Mertens e Insigne, Messi e Suarez e così via… quali delle loro squadre sarebbe la stessa senza di loro? A mercato chiuso l’Inter dovrà trattare un nuovo rinnovo di contratto, puntando ad alzare o meglio ancora a eliminare la clausola di rescissione di 110 milioni (valida solo fino a Luglio e per l’estero), ormai anacronistica viste le cifre che girano. Icardi è una versione moderna dei Boninsegna (che non a caso lo elogia spesso), dei grandi bomber da area di rigore del passato, di un tipo di centravanti che va meno di moda oggi, tempo dei falsi nove o degli attaccanti di grande movimento. Certo, può migliorare nella partecipazione alla manovra, lo sta già facendo, deve ancora compiere 25 anni; ma credo anche che sia giusto non snaturarlo per sfruttare al massimo le sue qualità innate, il suo essere “serpentesco” in area, per dirla alla Spalletti.

#INTER: In questa stagione 2017/2018 l’Internazionale rimane una squadra da zona Champions League o i tifosi possono ancora sperare in qualcosa di più?

M. Borrelli: L’obiettivo dell’Inter è tornare in Champions League dopo sei anni. Non è un ridimensionamento, come alcuni tifosi vogliono credere, ma una fase obbligata nel processo graduale di crescita e dell’ormai celeberrimo “Inter is coming”. Per andare da Pescara a Milano in treno si deve passare da Ancona e Bologna. Per tornare a lottare per vincere si deve essere prima una squadra da Champions. La Juve del 2011/2012 si poteva permettere Vučinić e Quagliarella, oggi Higuaín e Dybala a 7 milioni circa all’anno. Ma vende Pogba che ne vuole più di 10.

Serve tempo per costruire e aver portato i ricavi da 240 milioni a 320 in un anno senza la Champions dimostra che Suning vuole perseguire la strada della crescita strutturale: l’Inter dovrà camminare finalmente con le proprie gambe e una volta iniziato il percorso virtuoso (primo pareggio di bilancio nel 2016/2017 per il FFP, come uno scudetto per le conseguenze che avrà dopo la fine delle limitazioni) sarà inevitabile essere sempre più competitivi in Italia per vincere. Basterà dare un minimo di continuità ai progetti tecnici, cosa che è mancata negli ultimi sette anni, con ben undici allenatori diversi… Una follia, figlia anche di due cambi di proprietà in tre anni e relative scosse di assestamento, che ha permesso anche a Napoli e Roma di staccare l’Inter in Italia. Già nella stagione 2018/2019 l’Inter potrà finalmente avere un secondo anno dall’inizio alla fine con lo stesso allenatore, cosa che non succede dall’anno del “Triplete”, e questo porterà a migliorare la squadra, ad aggiungere dei mattoni importanti nel processo di costruzione e poter insidiare la Juve per il vertice in Italia. Per tornare competitivi anche in Europa invece servirà che tutta la Serie A cresca e al momento si può prevedere che almeno fino al 2021 Premier League e Liga continueranno a giocare con risorse superiori, giocatori migliori, squadre più forti.

#INTER: Se si dice che la Fiorentina è stata fortissima in casa contro l’Inter, perché si sminuisce il gioco dei nerazzurri? A “rigor di logica”, se la prima compagine è, appunto, “fortissima” non si dovrebbe – di conseguenza – elogiare anche il gioco della squadra che (in trasferta) rischia di vincere e si è vista raggiungere solo al 94’?

M. Borrelli: L’Inter a Firenze ha sofferto molto per i tanti motivi analizzati precedentemente. Forse dal punto di vista del gioco è stata una delle peggiori prestazioni della stagione. Sta di fatto che Borja Valero e Candreva hanno incredibilmente sciupato lo 0 a 2 e che la Fiorentina pareggia con un’Inter aggrappata a Skriniar e una difesa tutta inventata con Santon centrale. Si può dire che al di là del pareggio nel recupero, restano più rimpianti per i punti persi con il Sassuolo che contro una Fiorentina che ha creato tanto, sprecato molto e che Pioli ha modellato bene, considerando i tanti giocatori nuovi. Che poi per l’Inter si inventi il “fattore C.” come parametro di giudizio quando le cose vanno bene (mai visto una squadra vincente e sfortunata) e che poi dello stesso fattore non si parli più quando gli episodi girano contro è un vecchio adagio a cui alcuni Media italiani non sanno rinunciare.

#INTER: Molto spesso si cerca di proporre un 11 ideale, l’Inter più forte di tutti tempi; individuando giocatori di varie epoche, ma, poi,viene quasi da piangere a escludere qualcuno… Però, se si dovesse fare un solo nome, l’uomo più rappresentativo del cuore dell’Inter, forse, il compito sarebbe più facile. Quel nome chi è per lei?

M. Borrelli: Prima del giocatore, io ho una mia Inter di tutti i tempi ce l’avrei: Zenga, Zanetti, Picchi, Samuel, Facchetti, Matthaus e Suarez, Mazzola, Meazza, Rummenigge e Boninsegna. Un po’ sbilanciata, ma chi li marca quei quattro mostri davanti? Boninsegna e non Ronaldo o Ibrahimović per una mia patente personale di interismo. A Ronaldo non ho perdonato la “fuga” dopo il 5 Maggio 2002, il mancato ringraziamento dopo i Mondiali vinti e quella “inutile” parentesi al Milan. È vero che Boninsegna andò alla Juve e vinse, ma fu venduto dopo la famosa risposta a Fraizzoli “Alla Juve vada lei”… Ed era l’epoca delle società padrone dei cartellini.

Difficile da undici scendere a uno, ma posso arrivare a due, passando dai quattro che ho scelto per la prima votazione della “Hall of Fame” di quest’anno: Zenga, Zanetti, Mazzola e Meazza. I due che preferisco in assoluto sono Zenga e Rummenigge, entrambi legati alle mie Inter dell’infanzia.

Zenga rappresenta il ragazzo della Curva che ha realizzato il sogno di giocare per l’Inter, l’interista nato, per tre anni votato miglior portiere del mondo, una personalità incredibile, tanti record e un’interpretazione del ruolo spettacolare.

Rummenigge (scandalosamente non eleggibile nella “Hall of Fame” perché non ha vinto un trofeo, criterio che non condivido assolutamente) è invece l’interista acquisito, un “figlio adottivo” dell’Inter, un tedesco che ha conosciuto l’Inter per soli tre anni, ma che è rimasto interista per sempre, nei valori, nel garbo, nelle parole e nei comportamenti. Due volte Pallone d’Oro, tantissimi trofei tra Bayern e Nazionale, un atleta incredibile, potente ma anche capace di acrobazie indimenticabili con la maglia nerazzurra. Ho ancora la rivista ufficiale del Marzo 1984, avevo sei anni: Pellegrini si presenta e prende Karl-Heinz Rummenigge!

#INTER: Una Inter di tutti i tempi è difficile, perché ogni tifoso ha nel cuore una “sua” Inter; per i nostri padri Sarti, Burgnich, Facchetti… Per alcuni quella di Bersellini e per altri quella del “Trap”; per altri ancora quella del “Triplete”… La sua prima Inter o l’Inter che ha di più nel cuore.

M. Borrelli: La mia prima Inter è quella di Altobelli e Rummenigge, 1984/1985, con lo stesso Zenga, con Castagner e l’inseguimento al Verona per pochi minuti coronato proprio durante quel Verona-Inter 1 a 1, con i goal di Altobelli e Briegel all’inizio del Girone di ritorno. In Coppa Uefa erano gli anni delle brucianti eliminazioni al Bernabeu, per due anni consecutivi in Semifinale (dopo un bellissimo 1 a 3 in casa del Colonia con doppietta di Kalle Rummenigge ai Quarti), una volta 3 a 0 dopo il 2 a 0 a San Siro e l’anno dopo 5 a 1 ai supplementari dopo il 3 a1 in casa. Il primo anno ci fu anche la famosa biglia che colpì Bergomi a Madrid, ma la Uefa si rifiutò di esaminare il ricorso dell’avvocato Prisco, a differenza della famosa lattina del 1972 a Mönchengladbach, che colpì Boninsegna..

#INTER: Lei cosa pensa del mondo degli Ultras in generale?

M. Borrelli: Servirebbe un’enciclopedia o almeno un libro per parlare del mondo Ultras, anche perché si tende a cavalcare stereotipi o pregiudizi di ogni genere, mentre l’argomento è molto complesso e gli Ultras hanno una composizione variegata così come può esserlo un microcosmo di migliaia di persone. Ultrà è il tifoso viscerale, quello che c’è sempre, che segue la squadra ovunque, di solito in gruppi organizzati. Fare gruppo porta anche ad avere dei codici, delle regole e una “mentalità” che può essere capita se si prova a farne parte. Il luogo comune contraddistingue gli Ultras come “subumani ruttanti” dalla fedina penale sporca, ma in realtà le Curve sono popolate da padri di famiglia, ragazzi e ragazze, persone, che fanno ogni tipo di lavoro, ma unite da una passione smisurata verso dei colori, una tradizione, una storia, quasi una “fede”, un club che li rappresenta, ma di cui loro stessi si sentono il cuore pulsante. Loro non sono spettatori di partite, ma i protagonisti di quella storia, di quella tradizione, di quella “fede”. Per avere un po’ il senso di quella percezione, bisogna pensare ai Codici d’Onore della Cavalleria e si comincerebbe a capire perché vittoria e sconfitta non sono tutto per gli Ultras, ma uscire a testa alta da ogni battaglia è quello che conta. Forse qualche giocatore renderebbe di più se conoscesse i sacrifici che questa parte di tifoseria fa per seguire la squadra ovunque, colorare lo stadio, riempirlo di musica, cori e coreografie spesso incredibili.

Mi ha colpito un’intervista di Falcao, Campione del Brasile Anni ’80, che disse che per lui era facile dare sempre più del massimo, avere dei comportamenti da atleta per poter rendere al meglio in partita, perché era stato tifoso e cercava di trasmettere ai compagni che non ci si poteva accontentare, ma bisognava andare oltre per quelle persone che ti seguono e sono lì per te. Ultras è andare oltre, non è solo seguire uno sport o un club da spettatore, ma esserne parte. So che qualcuno si aspettava un ragionamento di Sociologia o magari di Criminologia, ma in una popolazione vasta si trova sempre chi delinque e probabilmente nelle “Tribune Vip” se ne trovano di più che non nei settori popolari.

#INTER: E della Curva Nord Milano nerazzurra in particolare?

M. Borrelli: La Curva Nord di Milano rientra nei canoni descritti. L’ho frequentata per una quindicina di anni provando spesso grandi emozioni, quando ti senti parte di una coreografia nata dopo mesi di lavoro o senti i brividi per lo stadio che trema letteralmente sotto i tuoi piedi o quando la squadra percepisce il tuo incitamento incessante e diventa tutt’uno con il suo pubblico e con il resto dello stadio che ti segue. Il “Meazza” è “La Scala del Calcio”, ma senza la Curva Nord lo spettacolo sarebbe monco, a metà. Loro vincono molto più spesso della squadra ed è un riconoscimento minimo dei ragazzi in campo andare a fine partita a ringraziare chi è stato dalla tua parte a prescindere. Che tu possa giocare bene o male, l’unica cosa che ti si chiede è dare il tuo massimo, dare tutto. Perché, per dirla alla Herrera: “Chi non dà tutto non dà niente”. Questo è quello che “pretende” in ogni partita la Curva Nord dalla sua squadra, la difesa con Onore di quei colori, di quella storia, di un’identità tramandata e di cui andare fieri. L’Inter compirà (nel 2018) 110 anni, la Curva Nord (nel 2019) 50 anni.

Poi ogni Curva ha i suoi tratti distintivi e anche quella dell’Inter spesso lotta contro i luoghi comuni, promuovendo iniziative di solidarietà, portate avanti senza pubblicità, come per esempio la raccolta fondi per le popolazioni colpite dal terremoto. Molto più spesso nell’immaginario collettivo c’è un episodio negativo per identificare la Curva, credo serva per inserire in una categoria un gruppo di persone che difficilmente sono influenzabili, perché seguono una loro logica e non quella di “massa”, anche essendo di estrazione popolare. Tornando alle scelte del campo, per esempio, il tifoso da social è facilmente portato alla protesta, a cambiare idea in base ai risultati, a quello che sente dai Media. La Curva Nord, invece, anche quando ha contestato, lo ha fatto a fine stagione chiedendo con sorprendente e spesso lucida coerenza una continuità di progetto, contro i continui cambi di allenatore, dimostrandosi in diverse situazioni l’unica componente che ha fatto il suo (spingendo la squadra anche nelle difficoltà) tra squadra, società e altri tifosi sempre pronti a mugugnare al primo passaggio sbagliato.

#INTER: Se Steven Zhang le chiedesse tre consigli, quali gli darebbe?

M. Borrelli: Primo: continuare a studiare l’Italiano, per poter capire al meglio il mondo che lo circonda, il sistema dei Media italiani che influenzano il tifoso e in generale la nostra cultura calcistica, diversa dai Paesi asiatici, ma anche anglosassoni.

Secondo: non stancarsi mai di conoscere l’Inter, la storia del club, le persone che l’hanno fatta, gli interisti, l’“interismo”.

Terzo: riempire l’Inter di eccellenze, dai giocatori ai Dirigenti, dal Commerciale alla Comunicazione, ma possibilmente interisti. C’è sempre un bravo manager interista, un Direttore sportivo, un giornalista, un Consigliere, un qualsiasi professionista che sappia bene cosa rappresenta e cosa sia l’Inter. Diceva Angelo Moratti: “Per me non è mai stato difficile sapere come accontentare i tifosi interisti, perché mi basta sapere se ho accontentato me stesso!”.

#INTER: C’è un nuovo Moggi da qualche parte, considerando quanto accaduto sia in Coppa Italia, sia in Campionato?

M. Borrelli: No, l’uomo può sbagliare anche guardando il video (come Doveri in Coppa Italia) o scegliendo di non guardarlo (come Calvarese in Campionato), ma non ne faccio una questione di Juve, che quest’anno ha avuto qualche episodio valutato male a favore e a sfavore (ma il VAR aiuta a limitare i margini di errore). Il potere c’è sempre e le persone che gestiscono i ruoli di potere anche, ma non succede tutti i giorni che uomini di Calcio vengano radiati e si vedano confermare l’accusa di associazione a delinquere, come è successo nel processo penale di Napoli dopo i fatti del 2006. Paragonare un errore di oggi a quello che succedeva in quell’epoca “buia” sarebbe come “normalizzare” gli scandali di quel periodo, che devono rimanere impressi nella memoria per far sì che certe dinamiche non si possano ripetere e per migliorare il mondo del Calcio italiano. Sono entusiasta del VAR e mi fa sorridere chi non ne appoggia l’utilizzo. Sebbene l’uomo possa sbagliare anche guardando le immagini in un replay, sicuramente è più facile evitare gli errori grazie alla tecnologia. Che anche il Calcio sbarchi finalmente nel XXI secolo e sia al passo con i tempi, come del resto tanti altri sport già fanno.

Pierluigi Arcidiacono
Pierluigi Arcidiacono
Il nostro Direttore, Pierluigi Arcidiacono, un giorno chiese al suo papà di portarlo ad assistere a Inter-Sampdoria, nel 1971, quando non aveva ancora dieci anni. Aveva saputo che Suarez non giocava più con la maglia nerazzurra, ma con quella blucerchiata. Questo, nella logica di un bambino, gli appariva come una cosa molto strana, quindi, desiderava vederlo in campo. Quel giorno giocavano gli uomini che avrebbero vinto l’11° scudetto della storia dell’Inter e quella squadra rimarrà sempre nel cuore del nostro Direttore. La partita finì 3 a 1 per i nerazzurri. Segnò prima Mazzola al 46°, poi, Boninsegna su rigore al 65°, ancora Boninsegna all’80° e, infine, proprio davanti agli occhi del nostro Pigi Arcidiacono, Suarez segno il goal della bandiera su rigore. Passarono un po’ di anni. Pigi scrisse molto (poesie, articoli, libri e testi teatrali) e tra i suoi scritti si trovano anche diversi testi sull’Inter. Si ricordano soprattutto: “Vade retro Satana - Storie di una vita neroazzurra” (Librificio-Proedi - 2004), “Marco Materazzi - Degno della maglia” (Il Flabello - 2006), la monografia “La Grande Inter Anni ’60” (Cigra 2003 - 2007) e “Armando Picchi - Un nome già scritto Lassù” (Il Melograno - 2011). Da non dimenticare anche: “Massimo Moratti - Mai visto un cuore così grande” (Il Flabello - 2006) e il primo libro pubblicato in Italia su Javier Zanetti, “Milano siamo noi - Il cuore del Capitano” (Il Flabello - 2009) . Nel 2013, Arcidiacono, inizia a pensare al sito #INTER (Hashtag Inter) dove si tenterà di parlare di Calcio e dell’Inter diversamente, ma sempre con cuore.
http://www.hashtaginter.it