Ancora un fantastico Éder, una squadra davvero grande, un super mister e due “matadores” (Chiellini e Pellè): così è finita la corrida, ma il ruolo dei tori, questa volta, dopo ventidue anni, lo hanno recitato i giocatori azzurri. Gli spagnoli (ormai ci hanno abituato) hanno provato a fare un po’ di circo, un po’ di sceneggiate con l’arbitro, un po’ di tuffi degni della Cagnotto, peggio per loro…
Ora, naturalmente, si possono scrivere soltanto banalità e a noi non piace. Facile parlare dopo, lo ha detto anche mister Conte al termine della partita con la Spagna. “Se me lo dicevi prima…” recita una vecchia canzone (coinvolgente e drammatica) di Enzo Jannacci, ma sapete come “gira” in Italia: la nostra Nazionale era sfavorita, ma ha vinto il suo Girone (e con una giornata di anticipo). In verità la Nazionale Italiana, dopo la prima e la seconda partita, era favorita nella terza gara con l’Irlanda e, infatti, ha perso. Poi, sfavoritissima con la Spagna agli Ottavi e, invece, si è visto un grande Calcio. Altro che solo grinta e spogliatoio, quello di Parigi – lo ripetiamo – è stato un grande Calcio.
Abbiamo un’occasione unica, la stessa del 1982 in Spagna, la stessa del 2006 In Germania. Ci sono gli stessi presupposti, lo stesso “clima”. Forse, trattandosi della Coppa d’Europa, adesso, oltre al gioco e al carattere, ci servirebbe anche un pochino di quel “culo” avuto nel 1968, quando la Nazionale Italiana andò in Finale battendo l’Unione Sovietica a “testa o croce”. La monetina si infilò sotto una panca dello spogliatoio dove, oltre all’arbitro, c’erano i due Capitani delle squadre. L’azzurro era Giacinto Facchetti che, appena realizzato che la sorte ci aveva favorito, lanciò un urlo di gioia e, così, i suoi compagni di squadra capirono che la Finale era raggiunta. Rimane solo una cosa da fare adesso, semplice, unica, bella: stringersi a coorte.