Mattia Pistoia

Nerazzurri

Mattia Pistoia, fotografo, è nato a Milano il 10 Maggio 1991. Giocava a pallanuoto, ma la sua squadra si è sciolta. Mattia, però, oltre a essere bravo con la macchina fotografica e con il suo iMac ha un Brevetto di Assistente Bagnanti ed è rimasto legato alla piscina anche con questa professione. Ha iniziato a collaborare con Il Flabello Editore nel 2012, realizzando la copertina del primo romanzo di Serenella Calderara: “Falco e passero abbracciati come figli del Signore”. Successivamente (sempre per il Flabello) ha curato la parte iconografica del libro “L’INTER DEL MIO CUORE – L’INDIMENTICABILE QUINQUENNIO DI EUGENIO BERSELLINI – 1977-1982”. Con #INTER collabora dal 26 Settembre 2013 (Inter-Fiorentina), seguendo la squadra nelle partite casalinghe. La sua fede nerazzurra è certa, da ragazzino faceva parte della Curva Nord ed era attivo, prima nel “Gruppo Scaglia” e, successivamente, nei “Boys – SAN”.

Nei tuoi ricordi quando hai iniziato a pensare di essere interista?

Già da piccolino. Mio fratello Fabio, più grande, tifava Inter e mi ha naturalmente condizionato. Poi, alle Medie, a tredici-quattordici anni la passione è cresciuta e a 15 già ero già a tifare in Curva, abbonato. Così è stato per i quattro anni successivi.

Quindi, qual è la “tua” Inter, quella che per prima ti ha legato ai colori nerazzurri?

La prima Inter “Manciniana”. Il ricordo della Coppa Italia del 2005… Ho fisso nella mente quel goal di Zanetti (nel 2008) contro la Roma alla fine della partita a San Siro. Quando i giallorossi ci inseguivano e con la vittoria avrebbero accorciato la classifica pericolosamente, ma il Capitano ha messo la sua firma sull’1 a 1 e li abbiamo tenuti dietro, a distanza di sicurezza. Pareggio molto importante, se si considera che a fine Campionato, poi, sono arrivati a soli tre punti da noi.

Ma tu sai giocare a Calcio?

Ho giocato solo in oratorio, dove mi davano dello scarpone e non avevano tutti i torti. Però, io ho sempre praticato il Nuoto e di fiato ne avevo da vendere, quindi, il campo lo facevo avanti e indietro partecipando a tutte le azioni. Un giocatore così è sempre utile. Direi che ero un mini Cambiasso, senza tecnica, però.

E la tua passione per la Fotografia quando è nata?

Io ho frequentato il Liceo Artistico Statale di Brera a Milano (in piazza Vetra, alle Colonne di San Lorenzo), poi, ho subito desiderato andare all’Accademia di Fotografia John Kaverdash (scuola privata), dove mi sono appassionato alla fotografia di Moda. Settore difficile…

Sei fidanzato?

Ho già dato, grazie… Per ora preferisco la libertà. Ho buone amiche, con le quali esco, una in particolare, di origine cinese. Come fotografo lavoro anche all’Eleven, una discoteca, e il contatto con belle ragazze non mi manca, ma su questo argomento sono davvero tranquillo.

Chi è il tuo migliore amico?

Si chiama Mirko, siamo cresciuti insieme e lui è davvero un calciatore. Che io ricordi ha sempre giocato a pallone. In questi ultimi anni è passato dal Monza alla Fluminense, che è una squadra di Rio de Janeiro, in Brasile, e per un certo periodo l’ho seguito anche lì. La Gazzetta dello Sport gli ha anche dedicato un articolo. Ora, però, è tornato in Italia.

Del Brasile che opinione ti è rimasta?

Io e Mirko siamo di Quarto Oggiaro, un quartiere che a Milano è sempre stato considerato il peggio… Noi sappiamo che non è tutto così, anche se, naturalmente, non possiamo negare che vi siano molti problemi che in altri quartieri della nostra città non ci sono. L’impatto con il Brasile è stato duro, mangiavamo sempre le stesse cose e dormivamo tutti in una stanza: io Mirko e un altro amico. Lì abbiamo capito cos’è la vera povertà, quali sono i veri pericoli quotidiani. Poi, però, tornati in Europa, la nostalgia (la saudade) di quei luoghi, di quegli odori, di quegli sguardi dei bambini, ti viene. Ti viene eccome.

Come definiresti questi due anni con #INTER?

La risposta è scontata: fantastici. Stare così vicino alla squadra ti fa avere una visione completamente diversa di quella che si ha dagli spalti: vedere la Curva Nord dal campo e sentire i loro cori che ti investono alla spalle; seguire i giocatori che in certe azioni quasi ti sfiorano e quando, durante il riscaldamento, vedono che gli punti l’obiettivo ti sorridono o ti salutano con un gesto della mano. Tutto bellissimo ed emozionante. Spero rimanga sempre così. La prima volta l’emozione era alle stelle.

Oltre alla prima volta, qual è il momento che ricordi come più emozionante in campo?

Ancora Zanetti… Il Capitano. Il giorno della sua ultima partita al “Meazza”. Lui con la sua famiglia. Poi, è stato come un sogno, il rivivere praticamente la stessa emozione in occasione del ritiro della maglia numero 4, quando “Pupi” ha organizzato “Match for Expo”. Mi sembrava davvero di essere in un sogno, perché le scene erano molto simili.

E il goal più bello che hai fotografato?

Da subito mi hanno emozionato i goal di Icardi, il suo modo di esultare. Mi sono scoperto davvero dispiaciuto quando sembrava che dovesse andarsene e contento quando è rimasto, questo al di là della collaborazione che ho avuto con il suo Manger Abian Morano Santana e che spero si rinnovi con Wanda Nara per il prossimo Campionato. A volte (durante la collaborazione) dopo un goal, lui correva dalla mia parte e io l’avevo lì, davanti al mio obiettivo e mi pareva che quasi posasse solo per me. Davvero mi dispiaceva che nel periodo in cui c’erano problemi per il rinnovo contrattuale non esultasse più. È così bello quando gioisce per un goal.

La collaborazione con Il Flabello Editore inizia nel 2012, quali e quante soddisfazioni?

La copertina del romanzo di Serenella (Calderara ndr), non lo dico per vantarmi, è molto bella.  È così. Certi editori se la sognano una copertina così. So che un lettore un giorno si è recato alla Feltrinelli di piazza del Duomo (che è una libreria bella grande) e ha chiesto il romanzo, ma la commessa (non so perché) non sapeva dargli informazioni. Allora il cliente ha detto: “È un libro con una foto notturna molto bella della Stazione Centrale di Milano” e il libro glielo hanno trovato subito. Poi, ho avuto anche l’occasione di fotografare lei, Serenella, in un servizio di Moda, che però è “blindato”. I Diritti sono suoi e Serenella (per ora) concede solo l’utilizzo di alcuni scatti.

Poi c’è stato il libro di Gaudenzio Anselmetti sull’Inter di Eugenio Bersellini e anche lì una bella botta di emozioni: nell’ufficio di Evaristo Beccalossi, in Sala Coppe nella sede dell’Inter tra tutti i “nostri” trofei, con Beppe Baresi alla Pinetina…

Sulla collaborazione con #INTER credo sia chiaro che ogni volta che entro a San Siro o partecipo a un evento è una soddisfazione. Certo, quando il Corriere dello Sport ha scritto che ero il “fotografo ufficiale di Icardi” l’emozione è cresciuta e così anche quando Abian mi ha regalato le scarpe e la maglia di Maurito, o quando sono andato a casa sua per un lavoro che avevo fatto per lui e Wanda con le fotografie del compleanno del bimbo. Ho un bellissimo ricordo anche del giorno in cui ci hanno invitati all’anteprima del film di Zanetti. Zanetti, tanto per cambiare…

Quali difficoltà si incontrano nel tuo lavoro?

Nessuna, tutti gentili. Certo so che professionalmente devo crescere ancora molto. Qualche delusione, invece, sì…

Qualche delusione? In che senso?

Una volta un fotografo mi ha quasi aggredito perché un giocatore aveva esultato mostrando una maglietta. Io ero divertito da quella situazione e sono corso a fotografarlo, ma l’altro fotografo mi ha rincorso e mezzo minacciato, dicendomi che l’idea della maglietta era sua e che non dovevo vendere quelle foto.

Ma brave persone nell’“ambiente” ne hai conosciute?

Se consideriamo il breve periodo direi molte. Leo Picchi dell’Ufficio Stampa dell’Inter. Poi, Mirko Mengozzi, la voce dell’Inter in campo, che ero abituato a sentire su Radio Italia. Lui mi sembra davvero una brava persona. Quando Pigi Arcidiacono mi disse di seguirlo un po’ e fotografarlo all’inizio della partita lui si girava incuriosito. Poi, Benni, del Servizio d’Ordine… Mi è molto dispiaciuto averlo conosciuto poco.

Quanto credi nella nuova Inter?

C’è Roberto Mancini in panchina, non posso pensare che occupi quel posto senza progetti concreti per il futuro, anche vicino. Mancini è come se fosse anche il mio allenatore. Come ho detto la sua prima Inter è anche la mia. Io seguo la mia Inter, come dice il nuovo “motto” della società: L’IMPORTANTE È ESSERCI! Oppure, come diciamo noi di #INTER: Let The Music Play.

Progetti futuri?

Non rinuncio all’idea di affermarmi nella Fotografia di Moda. Per quanto riguarda il Calcio, con la Direzione di #INTER, sto studiando un’idea di un libro fotografico con i miei scatti. Non so ancora se dedicarlo solo a Icardi, cosa che mi piacerebbe molto, oppure, a tutta la squadra.