Può un riservato ragazzo livornese, amante del mare e rispettoso delle tradizioni familiari, diventare il simbolo della squadra di Calcio milanese più nobile, vincente, ammirata e titolata nel panorama nazionale e internazionale? Sì, può, se il suo nome è Armando Picchi.
Nato in una famiglia di sportivi e cresciuto con i valori del sacrificio e della generosità, “Armandino”, nonostante questo nomignolo affibbiatogli in quanto “piccolo di casa”, sviluppa un carattere da leader carismatico, che contrariamente a quanto accade spesso non sfocia nella prepotenza e prevaricazione, inducendolo anzi a mettersi a disposizione di chi nella vita non ha ricevuto il bacio della fortuna e del talento. È stata questa “fusione” di sicurezza e altruismo a trasformarlo nel Capitano nerazzurro per eccellenza, le cui gesta si sono tramandate di padre in figlio, di nonno in nipote, fino a renderlo immortale e ricordato ancora oggi. Sì, proprio così: in un’epoca in cui il mondo, quello del Calcio in particolare, vive solo di attualità dimenticando in fretta il passato, le imprese di Picchi e dei compagni della “Grande Inter” sono conosciute da tutti gli appassionati, non solo interisti. Un personaggio così affascinante è stato protagonista di tanti libri. Si è scritto molto: della sua carriera iniziata da aspirante calciatore nelle giovanili della città labronica e conclusa dopo avere assaporato la gloria alzando i trofei più prestigiosi e dell’impietosa malattia che lo ha stroncato proprio quando si apprestava a ottenere nuove soddisfazioni nel ruolo di allenatore . Che altro si potrebbe aggiungere che non sia già noto?
Probabilmente questa domanda se l’è posta anche Valberto Miliani, già Direttore del mensile “Inter Football Club” negli Anni Ottanta e Novanta, prima di dare vita ad “Armando Picchi uomo e campione” (prima edizione nel 1989 e seconda nel 2010 per EDIZIONI ERASMO). Concittadino del giocatore e forse animato dal suo stesso spirito di “toscanaccio” schietto e “marinaresco”, l’Autore si avvale delle prestigiose collaborazioni, tra gli altri, dei giornalisti livornesi Gino Bacci e Federico Buti, nonché del maestro assoluto Gianni Brera, per tracciare un ritratto che va oltre l’atleta idolo delle folle, dando voce agli amici d’infanzia mai persi di vista, ai familiari e a chi lo ha conosciuto bene anche al di fuori del campo di gioco. Il risultato è un’opera che accompagna il lettore in una serie di aneddoti sconosciuti ed episodi personali, quasi come se ne facesse parte in prima persona. Arrivati alla fine dell’ultima pagina, dopo avere chiuso il libro ed esserci commossi davanti alla fotografia di Leo e Lorenzo Picchi (rispettivamente figlio e nipote del Campione scomparso) pubblicata in quarta di copertina, ci sentiamo di sottoscrivere in pieno la frase conclusiva della prima edizione: “… esce di scena ma senza morire, perché muore solo chi non lascia traccia. Ed Armando la lascia, indelebile, nella mente e nel cuore di chi l’ha conosciuto o da chi l’ha solo ammirato dalle gradinate dello stadio…”. E da oggi anche in noi!