Intervista a Beppe Bergomi – Di Maurizio Ceccarelli

In Primo Piano Nerazzurri

Bergomi è stato uno dei giocatori più rappresentativi della storia dell’Inter e della Nazionale Italiana di Calcio.

Giuseppe Bergomi, per tutti “Lo Zio” con le sue 757 partite giocate con la maglia dell’Inter è una delle bandiere della storia del Biscione. Ad Hastaginter.it parla dei suoi anni da calciatore e della sua carriera da commentatore e del calcio di oggi, tra favoriti e sorprese.

Beppe Bergomi una vita all’Inter. Ma è vero che lei nasce milanista?

“Mio padre simpatizzava per il Milan, io fui preso da ragazzino dalla società rossonera. Poi per un problema fisico il rapporto non andò avanti e tornai a casa. Dopo poco si fece avanti l’Inter. Fui felice di andare, il resto, poi, lo conoscete tutti”.

Il soprannome “Zio” le fu dato quando era giovanissimo per via dei suoi baffi che la facevano sembrare molto più grande di quello che era. Ma chi fu ha darle questo soprannome?

“Giampiero Marini. Quando arrivai in prima squadra un giorno negli spogliatoi mi chiese: ma quanti anni hai? Con quei baffi sembri mio zio. Da lì sono rimasto Lo Zio”.

Lei è stato Capitano dell’Inter per molti anni a conferma di una tradizione che ha visto sempre grandi giocatori, ma soprattutto grandi uomini indossare la fascia da Capitano: da Armando Picchi a Sandro Mazzola, da Bini a Baresi fino ad arrivare a Ronaldo e Zanetti. Oggi il Capitano è Lautaro Martinez. Come si colloca l’argentino in questa galleria d’autore?

“Lautaro ha avuto una grande crescita da un punto di vista caratteriale, nel periodo in cui segnava meno o addirittura non segnava lui si intristiva era negativo, oggi invece è in quei momenti che capisci che è il Capitano dal suo atteggiamento da come sprona la squadra e da come lotta su ogni pallone. Sì, Lautaro è tra i grandi Capitani dell’Inter”.

Il Campionato fino a questo momento non ha un padrone. L’inter che sembrava la favorita si ritrova nel gruppone insieme alle altre squadre. Una Stagione anomala con tanti impegni, a cominciare dalla nuova formula della Champions. In tutto questo Inzaghi come sta gestendo l’Inter?

“Molto bene, è chiaro che se facciamo il paragone con la Stagione scorsa l’Inter è sempre perdente. L’anno scorso pochi infortuni, la squadra è partita forte e non ha mai avuto problemi. Quest’anno la squadra ha la media età più alta, qualche infortunio di troppo, capita perché come diceva lei le partite sono tante e poi ci sono certi giocatori che sostituirli è più difficile rispetto ad altri. Quindi, quando si fanno male quelli è più complicato. L’Inter in Campionato poteva avere qualche punto in più ma è in linea. Secondo me sta andando bene, abbiamo subito qualche goal di troppo all’inizio a cui non eravamo abituati, però, per come è costruita la squadra siamo in linea con gli obbiettivi. Io dico sempre che non siamo i più forti, ma siamo i più bravi a stare ad alto livello da quattro o cinque anni”.

C’è una priorità in casa Inter tra Champions e Campionato?

“Secondo me non si sceglie quasi mai, forse l’anno scorso a un certo momento la seconda Stella era diventata un obbiettivo fondamentale. Io credo che in questa prima fase ci sia una maggiore concentrazione sulla Champions perché arrivare tra le prime otto vuol dire evitare due partite in più e se ha febbraio sei ancora in questa posizione di classifica non puoi più scegliere e devi andare su tutti e due gli obbiettivi. In questo momento direi qualcosa in più sulla Champions”.

Cosa le hanno lasciato il Mondiale del 1982 ed Enzo Bearzot?

“Ero partito come riserva delle riserve perché allora non era come oggi con la panchina di dieci giocatori, in quegli anni c’erano undici giocatori in campo, quattro in panchina e gli altri in tribuna. Quindi, ritrovarsi a giocare poi con il Brasile per me era già il massimo, figurarsi affrontare poi la Polonia in Semifinale e vincere il titolo con la Germania cosa possa aver significato. Bearzot per me è stato un padre, un uomo di grande spessore tecnico e umano. Ho perso mio papà molto presto, avevo sedici anni, sono cresciuto con mia madre e mio fratello, ecco Bearzot ha rappresentato quella figura paterna che mi mancava”.

E Dino Zoff?

“Come Bearzot, una persona che parlava poco, ma sempre al momento giusto come Bearzot. Due persone figure importantissime per la mia carriera, dotati di un carisma incredibile”.

Come è stato il passaggio dal campo alla tv?

“Sono sempre stato molto timido e riservato e quando fui contattato da Telepiù che trasmetteva le partite in quegli anni e mi proposero il ruolo di commentatore. Ricordo che risposi con questa frase: «Avete scelto la persona sbagliata». Poi, accettai e tutto è andato per il meglio”.

Tornando all’attualità: del gruppo di squadre che guidano la classifica in questo momento, quante ne arriveranno in fondo?

“Questa è una bella domanda. Io dalla prima giornata mi sono “innamorato” della Lazio perché è stata costruita bene, squadra veloce e coraggiosa, quindi, per me non è una sorpresa vederla lì; la Fiorentina, invece, è una sorpresa perché era partita male, poi ha preso coraggio e Palladino è stato molto bravo a metterla a quattro e i risultati sono arrivati. Le altre sono lì, difficile che si stacchino. Attenzione a Lazio e Fiorentina”.

C’è il rischio che Fiorentina Lazio e Atalanta alla lunga vadano “fuori giri”?

“Potrebbe essere, però, tutte le squadre hanno molti giocatori e li fanno girare tutti. Poi, i valori verranno fuori, ma attenzione a queste squadre”.

Perchè Beppe Bergomi non siede su una panchina importante?

“Ho fatto l’allenatore nel settore giovanile quando ero all’Atalanta e mi è stato detto dentro o fuori. Forse sono rimasto nella mia zona di confort, quello che faccio con passione e che mi piace”.

(Le foto sono di Giancarlo Grassi)

L’intervista è tratta dal quotidiano IL TIRRENO