Cinquant’anni fa la scomparsa del Capitano della Grande Inter, ma il cuore di Livorno batte ancora…
LIVORNO – Il Sole, il mare, un pallone, la gabbionata e gli amici: in una parola la “livornesità”. C’era davvero tutto per celebrare Armandino Picchi a cinquant’anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 27 maggio del 1971 a Sanremo. Livorno lo ha voluto ricordare così, con una giornata a lui dedicata negli storici Bagni Fiume, in quello stabilimento balneare che fu teatro di accesissime partite nel “gabbione”; ne sanno qualcosa Luisito Suarez e il compianto Tarcisio Burgnich, suoi compagni nella “Grande Inter”.
Si giocava sul cemento sotto il Sole rovente, rigorosamente a piedi nudi. In palio non c’erano Coppe o trofei ma una bella mangiata di cacciucco alla livornese, ovviamente anche per gli sconfitti.
Livorno si è così ritrovata per questa importante ricorrenza. C’era la moglie di Armando, Francesca, i figli Leo e Gianmarco, la zia Grazia, la nipote Paola e altri membri della famiglia. Ma c’erano anche il Sindaco di Livorno Luca Salvetti, Egidio Morbello suo compagno nell’Inter dal 1960 al 1963, Enio Bonaldi, Igor Protti, Cristiano Lucarelli e tanti altri ancora.
Non è voluto mancare nessuno a rendere omaggio a uno dei livornesi più importanti della storia, nemmeno il neo tecnico della Juventus Massimiliano Allegri. Armando Picchi: davvero uno dei più grandi, insieme a Pietro Mascagni e Amedeo Modigliani.
Una partita nella “sua” gabbionata con Ciccio Valenti a fare da cronista e Leo Picchi a dare il calcio d’inizio. E proprio il figlio Leo si è detto commosso dal tributo che la Città di Livorno ha riservato al Capitano dell’Inter Euromondiale:
“E molto emozionante per me vedere tanta gente per mio padre, e lo è in modo particolare vederla in qui, questo luogo “sacro” che lui amava a tal punto da coinvolgere nelle partitelle estive i suoi compagni dell’Inter. Di tutto questo ringrazio il Sindaco Salvetti che ha organizzato due giorni di celebrazioni bellissimi”.
Armando Picchi giocatore straordinario, ma anche e soprattutto uomo dai grandi valori, un uomo che ha fatto tanta beneficenza, sconosciuta ai più, di cui si è venuti a conoscenza solo dopo la sua morte:
“Quello che mio padre aveva fatto fuori dal campo mi rende ancora più orgoglioso”, continua Leo, “dopo la sua morte abbiamo ricevuto numerose testimonianze dirette e molte lettere che raccontavano di quanto bene avesse fatto”.
Fu la Juventus l’ultimo capolavoro di Picchi, divenuto, dopo aver chiuso con il Calcio giocato e dopo le esperienze a Varese e Livorno, tecnico dei bianconeri. Quella era la Juve di Bettega, Anastasi, Capello, Morini e Causio, una squadra fortissima, capace di vincere sei Scudetti in dieci anni. Armando Picchi, che dopo la straordinaria carriera da giocatore ne stava intraprendendo un’altra, altrettanto vincente da allenatore:
“Credo che mio padre avrebbe fatto cose importanti anche nel ruolo di allenatore”, conclude Leo, “era un profondo conoscitore di Calcio e una persona a cui non sfuggiva nulla. Annotava su un quaderno le tecniche di allenamento, era molto meticoloso. Sono convinto che avrebbe ottenuto risultati addirittura migliori di quelli grandissimi ottenuti da calciatore”.
Si chiude con il tramonto sul cielo velato dei Bagni Fiume la giornata dedicata al Capitano, col suo nome per sempre scritto Lassù.