Giacinto Facchetti nel 1960 era solo un diciottenne bergamasco dal fisico scultoreo e con tanta voglia di raggiungere la gloria trasformando il suo gioco preferito in un vero e proprio lavoro. Uno dei tanti che, notati da osservatori con l’occhio lungo (ben lontani come stile, come impostazione professionale, da quelli dei nostri giorni), facevano il grande salto dalla provincia alla metropoli, spesso al termine di vivaci discussioni con i familiari che avrebbero preferito i figli vicini, per controllarne il rendimento scolastico e le compagnie frequentate.
Cominciò così l’epopea di uno dei più forti difensori usciti dai floridissimi vivai italiani, con un viaggio di meno di 100 chilometri, attraverso la Lombardia, da Treviglio ad Appiano Gentile.
Fu Helenio Herrera in persona, appena approdato sulla panchina neroazzurra da Barcellona, a volere in rosa quel giovane di belle speranze. La leggenda narra che il mister, non ricordandosi il cognome dell’ultimo arrivato, lo abbia storpiato in Cipeletti, poi diventato semplicemente Cipe, per comodità.
Dopo una prima stagione vissuta dietro le quinte, ma comunque contrassegnata dagli esordi in Coppa delle Fiere a Birmingham e in Serie A nella vittoriosa trasferta all’Olimpico di Roma, nonché dalla prima rete da professionista realizzata a San Siro contro il Napoli, Facchetti si inserisce sempre più prepotentemente in Prima Squadra fino a diventarne un perno insostituibile, punto fermo di quella “filastrocca” di undici eroi tramandata da generazioni di tifosi affascinati dai trionfi nazionali e internazionali della “Grande Inter”.
Herrera, che non è “solo” “Il Mago”, ma anche un fine conoscitore di Calcio, ritaglia al suo “Cipe” un ruolo inedito. Fino ad allora, infatti, i terzini avevano avuto l’unico compito di marcare le ali avversarie, impendendo loro di effettuare pericolosi traversoni verso il centro dell’area di rigore; Facchetti, però, era evidentemente sprecato in situazioni solo difensive. La sua potenza, la sua velocità e le sue doti tecniche meritavano di mettersi in mostra anche dalla metà campo in su. Nasce così il primo terzino fluidificante nella storia del Campionato Italiano, una sorta di ala aggiunta che spesso ribalta i canoni tradizionali costringendo gli avversari a rincorrerlo nelle sue scorribande offensive.
La bontà di questa scelta trova conferma nelle statistiche, secondo le quali Facchetti è tutt’ora il difensore più prolifico del nostro Calcio. Sono ben 75 i goal da lui realizzati, tra cui quello memorabile infilato al quarto d’ora della ripresa la sera del 12 maggio 1965 al malcapitato portiere inglese Lawrence (nato in Scozia), già impallinato due volte dal calcio di punizione “a foglia morta” di Mario Corso e dall’astuzia di Joaquim Peirò. Era #InterLiverpool, Semifinale di ritorno di Coppa dei Campioni, una rimonta praticamente impossibile, che invece si è materializzata sotto 170.000 occhi increduli, commossi, umidi di lacrime di felicità.
In tema di record non possiamo dimenticare nemmeno quello stabilito nella stagione della stella 1965/66, allorquando Facchetti impreziosisce la conquista dello Scudetto con 10 reti (senza rigori) diventando il miglior difensore-goleador della Serie A e issandosi fino al terzo gradino del podio dei marcatori neroazzurri dietro ai bomber di professione Sandro Mazzola (19 centri) e Angelo Domenghini (12).
Dovranno trascorrere 35 anni prima che Marco Materazzi, ancora nelle file del Perugia, riesca a batterlo realizzando la bellezza di 12 goal, di cui 7 dal dischetto.
Il ciclo di Helenio Herrera si esaurirà un anno dopo, e in quello successivo anche il “Presidentissimo” Angelo Moratti (Angiolino) lascerà il timone della società.
La carriera vincente di Facchetti, invece, proseguirà sia nel suo Club sia in Nazionale. In maglia Azzurra farà parte (da Capitano) della vittoriosa spedizione europea nel 1968, contribuendo con l’aiuto della Dea Bendata alla qualificazione alla Finale dopo sorteggio (alla monetina) contro l’allora Unione Sovietica. Dagli spogliatoi dello stadio San Paolo di Napoli, dove alla presenza dei due Capitani l’arbitro Tschenscher ha lanciato in aria la monetina, il numero 3 italiano esce a braccia alzate. Compagni e pubblico festeggiano, l’avventura può continuare.
Tre anni dopo l’affermazione europea, che a tutt’oggi resta l’unica ottenuta dagli Azzurri nel torneo continentale, Facchetti, insieme ai suoi vecchi compagni Mazzola, Corso, Jair, Burgnich e Bedin, guidato in panchina dal nuovo allenatore Gianni Invernizzi e in società dal nuovo Presidente Ivanoe Fraizzoli, compila la tabella che nel giro di sei mesi porterà l’Inter da un anonimo undicesimo posto a un indimenticabile undicesimo Scudetto. Il giorno della festa, sancita dal sonante 5 a 0 casalingo contro il Foggia, nel tabellino dei marcatori c’è anche il suo nome. D’altronde stiamo pur sempre parlando di un difensore-goleador…
L’evento avvenne proprio nello stesso giorno (2 maggio) in cui l’Inter di oggi ha conquistato il suo 19° Scudetto.
Nel 1971 fu il giorno della celebre rovesciata di “Bonimba”.
L’Inter è tornata a riveder le stelle.
(Foto di ©Mattia Pistoia)